Il canonico Filippo Appendino, ormai sulla soglia dei cento anni, ma ben lucido di mente e determinato, anche quest’anno propone l’ormai tradizionale ciclo di conferenze, il X, affidate quest’anno al professore don Mario Maritano, salesiano, patrologo, già docente a Roma, alla Ups (Università Pontificia Salesiana), e dedicate al Concilio ecumenico di Calcedonia, il 14 novembre 2019, e alla Lettera di S. Agostino alla vedova Proba, il 21 novembre (alle 16 presso la Casa del Clero di corso Benedetto Croce 20).
Concilio di Calcedonia: anno 450 I Concili ecumenici nacquero dalla esigenza di chiarire l’interrogativo, fondamentale e vitale per i cristiani: chi è veramente Gesù di Nazareth? In che rapporto sta con il Padre e lo Spirito? In concreto: come conciliare il monoteismo, ossia la fede in un Dio solo, ereditata dal giudaismo, con la fede (trinitaria) nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, rivelati da Gesù? Il Concilio di Nicea del 325 aveva definito come verità di fede che «il Verbo è generato, non creato, consostanziale al Padre». Quello di Costantinopoli del 381 definì che anche lo Spirito Santo è Dio come il Padre, con le parole: lo Spirito Santo ‘è Signore e vivificatore, che procede dal Padre e dal Figlio, che col Padre e col Figlio viene ugualmente adorato e glorificato, che ha parlato per mezzo dei profeti’.
Dai due primi concili era esplicitato il dogma trinitario, primo mistero della fede cristiana: un solo Dio, in tre persone, uguali e distinte, Padre, Figlio e Spirito. Il Concilio di Efeso del 430, preoccupato di salvare l’umanità di Cristo, a sua volta definì la maternità divina di Maria, proclamandola Theotòkos (Mater Dei, Madre di Dio, perché Madre di Gesù, vero Dio e vero uomo). Infine il concilio di Calcedonia del 450 definì che in Gesù c’è una sola persona (quella del Verbo) e due nature, divina e umana, distinte e non confuse, per cui Gesù è vero Dio e vero uomo, come risulta dal Nuovo Testamento. Per la loro importanza fondamentale i primi quattro concili ecumenici furono paragonati da papa San Gregorio Magno ai quattro Vangeli. Con Calcedonia, nel quinto secolo, la Chiesa aveva ormai raggiunto una fisionomia sostanzialmente definitiva: nella vita interna (liturgia, evangelizzazione e attività missionaria, che sono compiti della Chiesa locale, ministeri, ascetismo e monachesimo), nella dottrina, grazie alla riflessione teologica e al magistero dei concili (dogma trinitario e cristologico e il cosiddetto credo niceno- costantinopolitano, che professiamo ancora noi nella liturgia eucaristica domenicale); ecclesiologia: Chiesa costituita da santi e da peccatori, nelle strutture e nella organizzazione (struttura provinciale, patriarcale e primato romano; attività sinodale; episcopato monarchico, struttura diocesana e parrocchiale; attività caritativa).
Anche per questo la Chiesa reggerà all’urto dirompente delle invasioni barbariche, che travolgeranno l’impero romano, e riuscirà anzi ad assimilare la cultura dei nuovi popoli e ad inserirli sul ceppo della civiltà greco-romana. Lettera di S. Agostino a Proba: anno 411 circa È tra le più belle di S. Agostino la lunga e importante lettera inviata alla nobile vedova romana Proba attorno al 411, rifugiatasi in Africa dopo il «sacco» di Roma, compiuto dai Goti nel 410. Non a caso è proposta nell‘Ufficio delle Letture. Agostino risponde alla domanda di Proba quale fosse la «vera preghiera», scrivendo tra l’altro sulla efficacia della preghiera e del suo rapporto con il desiderio, poiché le aspirazioni del cuore sono l’anima della preghiera. Come è opportuno avere «tempi fissi», così ciò che conta non è la lunghezza ma l’intensità del pregare, sull’esempio dei monaci di Egitto che facevano frequenti, ma brevissime preghiere.
don Giuseppe TUNINETTI
(testo tratto da «La Voce E il Tempo» del 17 novembre 2019)