Mons. Nosiglia su crisi del lavoro e riapertura: più poveri ma necessariamente più solidali

Lettera dell’Arcivescovo in occasione della ripresa di molte realtà produttive il 18 maggio 2020

Pubblichiamo di seguito e in allegato la Lettera che l’arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, mons. Cesare Nosiglia, ha indirizzato al mondo del lavoro in vista della riapertura di molte realtà produttive da lunedì 18 maggio dopo i mesi di chiusura forzata a causa dell’emergenza sanitaria da covid-19.

Sempre in allegato anche un documento informativo sul Fondo Sorriso, che la Diocesi ha promosso insieme ad altre realtà per aiutare con il microcredito le famiglie di lavoratori e le piccole attività imprenditoriali in difficoltà.

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«Bentornato, lavoro! In modi ancora parziali e con grandi differenze tra un settore e l’altro, anche le attività produttive e i servizi stanno riprendendo: un ritorno alla «normalità» di cui tutti abbiamo bisogno, anche se ci richiama a fare i conti con problemi che, soprattutto nel nostro territorio, sono oggi forse ancor più gravi di tre mesi fa.

Il lavoro rimane infatti la grande sfida ancora da combattere e da vincere, qui, dove già prima dell’epidemia le condizioni di moltissimi lavoratori e delle loro famiglie erano precarie e incerte. Penso ai dipendenti di fabbriche e uffici in crisi; ai lavoratori di diverse imprese in gravi difficoltà che ho incontrato nei mei scorsi prima dell’esplosione del coronavirus; ma anche naturalmente, alle migliaia di lavoratori autonomi, ai titolari e dipendenti di esercizi commerciali. A tanti imprenditori di piccole o medie industrie e, ancora, a quella fascia sempre più ampia di «atipici» che è maggiormente esposta alle precarietà di ogni genere.

È il momento di riannodare le fila, tornando a incontrarsi e riflettere. È il momento anche di far sentire, pacatamente, una voce di speranza, perché spesso le informazioni che ci raggiungono puntano più sulle previsioni di «catastrofe» che sulle realtà positive che esistono e, se pure a fatica, cercano di rilanciarsi. Quasi certamente ci sarà una recessione economica generalizzata, il Prodotto Interno Lordo calerà, aumenterà il debito pubblico, gravando soprattutto sulle future generazioni, vedremo processi di polarizzazione (separazione sempre più netta tra chi ha l’opportunità di crescita e chi invece non ne avrà), ma non sono questi unici indicatori cui dobbiamo guardare, proprio perché non è il solo profitto azionario l’orizzonte entro cui si muove la società intera.

Se c’è un insegnamento forte ed esplicito della crisi generata dalla pandemia è che dalle «catastrofi» si esce insieme, rinforzando i legami di solidarietà, ricostruendo la fiducia a partire dal basso, dalla vita quotidiana. Solidarietà fra i cittadini, solidarietà fra i Paesi dell’Unione: anche l’Europa infatti sta giocando una partita decisiva per il proprio futuro.

Ecco: magari possiamo ripartire più poveri. Ma certamente dobbiamo diventare più solidali. Questo è il cuore del rilancio: non considerare l’accrescimento finanziario come l’unico possibile «benessere», ma essere capaci di prospettive diverse, e più fraterne, di vita comune. Si tratta di promuovere una solidarietà concreta che attivi i meccanismi della cooperazione (e non solo esclusivamente della competizione) sia nell’ambito privato sia in quello pubblico. Una cooperazione che va stimolata e incoraggiata, ma che ha bisogno di partire «dal basso», dalle esigenze proprie della vita quotidiana. Per questo è necessario un nuovo modo di intendere anche il welfare fatto di azioni solidali, comunitarie che promuovono tutta la persona, che la aiutano a proteggersi dai rischi inevitabili del ciclo della vita e che investono su risorse, capacità e intelligenza delle persone.

Vorrei che questo mio messaggio raggiungesse, tramite le parrocchie e le organizzazioni sindacali, tutti i lavoratori, e le loro famiglie: non si tratta solo di esprimere una vicinanza generica, ma di condividere una speranza concreta, che si realizza proprio in quanto tutti e ciascuno di noi si coinvolge in questo cammino. Per tale ragione, connessa all’esperienza del Tavolo diocesano per il lavoro, mi pare importante avviare percorsi di partecipazione e progettazione, avviando un cammino di riflessione che serva a ripensarsi, a partire dal magistero sociale della Chiesa. Il Tavolo riprenderà al più presto i propri incontri.

La Chiesa di Torino intende continuare a muoversi lungo questa linea. Stiamo riprendendo, ai vari livelli, gli incontri con le parti sociali, nella prospettiva di quelle «alleanze» fra giovani e anziani, istituzioni e cittadini che sono la nostra scommessa. Connesso a tale esperienza desidero far partire un cammino pastorale che ci aiuti a prepararci alla prossima edizione della Settimana sociale, coinvolgendo nel percorso comunità locali, parrocchie e associazioni.

E intanto le Diocesi di Torino e di Susa hanno costruito uno speciale fondo per aiutare e sostenere chi deve riprendere l’attività e ha bisogno di aiuti immediati, sia le imprese a rischio chiusura sia i lavoratori. Ovviamente il nostro intervento si colloca come integrativo alle diverse misure pubbliche in atto. Attualmente il fondo è composto da un capitale che ammonta a circa 500 mila euro e prende il nome di SORRISO – La Solidarietà che riavvicina e sostiene. Il prestito sarà erogato dall’istituto Unicredit, con il quale abbiamo stipulato una convenzione. Tali prestiti saranno a interessi zero e senza spese per i beneficiari, i quali potranno restituire la cifra entro 60 mesi con un periodo di respiro di 6 mesi.

Inoltre Unicredit garantisce il raddoppio delle risorse messe a disposizione: per ogni euro versato nel Fondo la banca ne renderà disponibile un altro per il credito. La Fondazione don Mario Operti si occuperà di accompagnare le persone in tutta la fase di richiesta del prestito e durante quella di restituzione. Mi auguro, ma sono anche certo, che il fondo sarà sostenuto da diversi altri soggetti pubblici o privati che sono stati coinvolti.

Sono soldi che servono a riprendere un’attività, a mantenere le rate di un mutuo, a pagare le spese della scuola o dell’università. Investimenti, tutti, altamente «produttivi», anche se non hanno un ritorno finanziario immediato in termini di profitti privati!

Il progetto «Sorriso» si affianca al già vasto campo di interventi che la Caritas, le associazioni di volontariato le parrocchie stanno dispiegando in questi mesi. Non posso che ringraziare quanti si prestano gratuitamente per sostenere e accompagnare tante persone povere e famiglie bisognose che hanno quintuplicato in questi mesi le richieste invocando su tutti la benedizione del Signore: quel Signore che ha promesso il centuplo per chi «investe» nella sua speranza. Non è il tempo del rimpianto e nemmeno dello scoraggiamento: bisogna reagire insieme ma con determinazione, impegnandoci per affrontare uniti e decisi una ripresa del lavoro, posto al centro di ogni altra pure importante esigenza sociale.

+ Cesare Vescovo»

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