Nella terza settimana l’Assemblea del Sinodo prosegue le sue discussioni e riflessioni su temi diversi: dal ruolo delle donne al ministero dei vescovi, dal contributo dei laici alle eventuali riforme del Diritto Canonico. A riferire dei lavori di cardinali, vescovi, sacerdoti, suore, religiosi e laici, riuniti dal 4 ottobre in 35 tavoli circolari in Aula Paolo VI, è stato Paolo Ruffini, presidente della Commissione per l’informazione, nel briefing quotidiano martedì 17 e venerdoì 20 ottobre 2023 in Sala Stampa vaticana.
Revisione del Diritto Canonico
Nel briefing del 17 ottobre Ruffini ha informato sul cammino di padri e madri sinodali che hanno ricevuto in dono una copia dell’esortazione apostolica del Papa C’est la Confiance su Santa Teresina. Tra lunedì 16 e martedì 17 ottobre, ha poi informato il prefetto della Comunicazione vaticana, hanno discusso dei temi previsti dal modulo B2 dell’Instrumentum Laboris su “Corresponsabilità nella missione”. Proprio “corresponsabilità” è la parola che si è proposto di introdurre in sostituzione di “cooperazione” nel Diritto canonico, del quale è stato chiesto una “revisione”. Non una rivoluzione, ma una evoluzione: “Le cose si possono cambiare qualora le esigenze della Chiesa cambino”, ha sottolineato il vescovo Anthony Randazzo, vescovo di Broken Bay, anche canonista, “si possono fare dei cambiamenti per rispondere alle circostanze di determinate comunità”.
Diaconato femminile e ruolo delle donne
In tema di riforme, l’Assemblea sinodale ha discusso sulla possibilità di aprire al diaconato femminile, chiarendo prima “la natura stessa del diaconato”. Quanto al ruolo delle donne nella Chiesa, ha riferito Ruffini, “si è ricordato che Gesù ha associato delle donne al suo seguito” e “ci si è domandati se non sia possibile prevedere che le donne, che hanno dato il primo annuncio della Resurrezione, non possano anche tenere delle omelie”. “Si è detto inoltre che quando le donne sono presenti nei Consigli pastorali le decisioni sono più pratiche e le comunità più creative”, ha spiegato ancora Ruffini, citando un proverbio riportato in aula: “Quando vuoi che si parli di qualcosa fai un’assemblea di uomini, ma se vuoi fare qualcosa, fai un’assemblea di donne”.
Dunque un tema centrale quello delle donne, ma non certamente l’unico o il più predominante. Come non è stata predominante finora la questione del sacerdozio femminile: “Questione di nicchia”, l’ha definita la professoressa René Ryan, secondo la quale essa non rispecchia le vere esigenze delle donne oggi. “Penso che ci sia un’eccessiva attenzione su tale questione e, quando noi ci concentriamo troppo su una domanda, si dimentica quello di cui hanno bisogno le donne in tutto il mondo”. E cioè casa, cibo, vestiti, rassicurazioni su futuro dei propri figli: “Dovremmo considerare altri temi, come per esempio il fatto che le donne devono scegliere tra maternità e carriera”, ha insistito, “dovremmo fare di più per assicurarci che le famiglie siano sostenute in tutti i modi possibili”.
Laici, sacerdoti, vescovi
Il focus delle relazioni dei Circoli minori in varie lingue e degli interventi individuali si è concentrato anche su altro: sull’importanza della parrocchia (“che non è una stazione di servizio ma luogo di comunione”) e della comunità, sui ministeri laicali che “non sono tappabuchi per la mancanza di preti” e “che non vanno clericalizzati” e sul servizio svolto dai sacerdoti, dei quali “come comunità di battezzati, non possiamo fare a meno”.
Un’attenzione simile è stata dedicata al ministero del vescovo: “Figura paterna che ci accompagna ed esprime amore, cura, preoccupazione”, ha evidenziato il segretario della Commissione per l’Informazione, Sheila Pires. Il vescovo deve promuovere il dialogo interreligioso ed ecumenico, deve gestire le finanze, gli aspetti economici e legali e, proprio per non essere appesantito da tali questioni, è stato proposto – ha detto Sheila – che, in virtù di uno “stile sinodale”, possa ricevere aiuto da collaboratori ed esperti: “Il vescovo deve comprendere che la diocesi non è solo lui, non può fare tutto da solo, ma ha bisogno di aiuto”, magari da professionisti.
L’assemblea ha guardato anche alla formazione permanente dei vescovi, al rapporto tra vescovi, nuovi vescovi e sacerdoti, e ha sottolineato il fatto che i pastori “non dovrebbero lasciare da parte l’ascolto delle vittime di abusi. Bisogna invece che ci sia tempo e spazio per questo genere di ascolto”.
Lopéz Romero: siamo a metà cammino
Numerosi gli spunti, quindi; tante le tematiche affrontate. Nessuna conclusione, però, almeno non in questa prima fase che, ha chiarito il cardinale di Rabat, Cristobal Lopéz Romero, è solo la metà di un cammino che, iniziato nell’ottobre 2021, prosegue nel 2024. “Quello che stiamo vivendo qui a Roma non è il Sinodo”, ha detto l’arcivescovo, ricordando le migliaia di incontri vissuti negli ultimi due anni tra parrocchie, diocesi, comunità religiose a livello globale. “Ne è valsa la pena… Siamo davvero riusciti a lavorare con le ceneri affinché sia possibile accendere una nuova fiamma”, ha affermato l’arcivescovo. “In questa fase non dobbiamo aspettare proposte: abbiamo ancora almeno un anno di lavoro, e sono quasi sicuro che avremo dei compiti da svolgere a casa. Poi tireremo le somme per arrivare a proposte più concrete”.
Sguardo universale
Di momento “interessante”, anzi, “entusiasmante” per la vita della Chiesa ha parlato pure la professoressa Ryan: “In questo Sinodo abbiamo l’opportunità, come Chiesa universale, di dare ascolto a tante voci diverse”. Fondamentale, in tal senso, il coinvolgimento dei laici. “Tutti siamo uguali, abbiamo insegnamenti diversi ma tutti insieme cerchiamo di raggiungere chi non conosce Cristo e la Chiesa”. E cerchiamo di farlo “in vari modi”, anche attraverso le tecnologie digitali, nonostante ci siano popolazioni che ancora non vi hanno accesso. Al tema si è agganciato il vescovo Randazzo: “Quando si parla della sinodalità del mondo digitale, dobbiamo ricordarci che ci potrebbe essere un’isola nella quale magari le navi arrivano molto di rado e solo per portare del carburante. Se la nave non arriva, non hanno carburante, i generatori non funzionano e non possono neanche accendere il computer”, ha detto, riportando l’esperienza di comunità “letteralmente isolate” in Oceania. Il presule ha invitato perciò a non guardare le cose “in modo europeo”, cioè di dare per scontato che tutti possono prendere taxi e treni per spostarsi da un luogo all’altro o, ad esempio, andare in parrocchia. Si parla di comunità distanti anche mille chilometri nella stessa regione. Perciò è “veramente bellissimo al Sinodo essere seduto in tavoli o prendere un caffè con persone provenienti da tutto il mondo e che non sono solo europee e non vengono solo dalle comunità ecclesiastiche europee”, ha affermato il presule.
La ricchezza del processo
D’accordo il gesuita nigeriano Agbonkhianmeghe Emmanuel Orobator, tra i più noti teologi a livello internazionale. che ha scherzato sul fatto che questo evento ecclesiale “è una delle cose per cui vivono i teologi”, cioè far parte di un processo da cui attingere risorse. “Sono convinto che il processo sarà più importante del risultato. Questo ci può portare a vivere un nuovo modo di essere Chiesa”, perché si potrà “trarre beneficio dalla saggezza, dalle idee, dai doni unici che le diversità offrono alla Chiesa”.
No animosità e ostilità
La differenza come virtù, dunque. Sono tante le “divergenze”, infatti, che emergono tra i sinodali ma – ha chiarito Lopéz Romero – “non sono mai scontri tra fazioni” e nemmeno “ostilità e animosità”. La logica è dialogare, non “rispondere all’altro”. Tantomeno rispondere ai giornalisti: “Il Sinodo non è pensato per rispondere alle domande di un giornalista o di un altro, ma è pensato per un discernimento della Chiesa che nasce da un processo”, ha affermato Ruffini in risposta ad una domanda dei cronisti. Il discernimento, cioè, “su come la Chiesa può camminare nel mondo”.
L’assemblea e i media
E proprio parlando del rapporto tra assemblea e informazione, una giornalista in sala ha sottolineato il fatto che alcune tematiche – in primis le donne e l’accoglienza delle persone Lgbtq+ – non sono da classificare come costruzioni meramente giornalistiche, ma questioni che stanno a cuore a tante persone credenti che hanno “investito” tempo ed energie durante la fase consultiva del processo sinodale per avere una riflessione seria su questi temi. Persone che ora aspettano risposte. A riguardo Ruffini ha chiarito che tali tematiche “sono oggetto di conversazione”: certamente il Sinodo non è solo “una tavola rotonda” e non è per nulla “un talk show”, ma “una conversazione nello Spirito”. Da essa scaturirà “una relazione di sintesi che sarà rimandata al popolo di Dio e poi ci sarà un’altra assemblea”. Un processo ancora lungo che, come ha detto il cardinale Lopéz Romero, richiede “pazienza e speranza”: “Pazienza tanta; speranza tutta”.
Sinodalità non è cliché
Sul processo sinodale messo in pratica al Sinodo, si è soffermato, con un’ampia testimonianza lunedì 16 ottobre, padre Vimal Tirimanna, della Congregazione del Santissimo Redentore, teologo proveniente dallo Sri Lanka. “Venendo qui- ha detto- pensavo che la sinodalità fosse un cliché, ma mi sono dovuto ricredere. Il Sinodo è iniziato da tre settimane e mi sono accorto che qui la sinodalità si vive davvero”. Il sacerdote ha messo in evidenza come tutto questo si concretizzi anche nella disposizione dei tavoli: “Quando ci si siede, in tavoli rotondi, accanto a vescovi, cardinali, donne e laici, ci si accorge di essere in una Chiesa sinodale e non solo piramidale”. Una condizione, ha voluto precisare, che non è un’idea di Papa Francesco ma “richiama completamente il Concilio Vaticano II”. Tirimanna si è augurato che questo modello possa essere esportato “anche al di fuori dello stesso Sinodo”.
Preghiera e preparazione
Chi è soddisfatta di toccare con mano che la sinodalità si sta facendo sempre di più realtà è suor Patricia Murray, dell’Istituto della Beata Vergine Maria e segretaria esecutiva dell’Unione Internazionale delle Superiori Generali. Ai giornalisti, il 16 ottobre, ha tenuto a specificare che “sono venti anni che io, nella mia congregazione, sperimento la sinodalità mettendo al centro Gesù ed ascoltando gli altri. Sono entusiasta di vedere che questo metodo è divenuto proprio del Sinodo e si sta facendo largo in tutta la Chiesa”. La religiosa ha spiegato anche che durante i lavori sinodali si ascoltano in libertà tutte le voci e che “ai circoli minori ci si arriva preparati per poter meglio discernere. Bisogna utilizzare bene il tempo anche per pregare, dimensione importante quando si prendono in esame storie che arrivano da fratelli di altri Paesi e culture”.
Luce che rischiara le tenebre
La recente esortazione apostolica su Santa Teresa di Lisieux ha commosso anche il vescovo ausiliare di Praga, monsignor Zdenek Wasserbauer, che ha visto questo documento come una bussola per l’intero Sinodo. “Durante questi lavori – ha riferito ai giornalisti- ho percepito molto chiaramente la parola ‘missione’ è un punto chiave per noi. E Santa Teresa di Lisieux è co-patrona delle missioni”. Sono due i motivi per i quali il vescovo reputa l’esortazione come una guida, un faro: “Il primo è legato al fatto che la Santa, quando entrò al Carmelo, aveva il desiderio di salvare le anime. Bene, mi sono reso conto che qui tutti i 400 membri si riuniscono ogni giorno cercando il bene degli altri, per la loro salvezza. Il secondo motivo fa riferimento alla notte buia che Santa Teresa di Lisieux sentì nella sua anima nel 1856. Alcuni dicono che anche oggi la Chiesa del Terzo Millennio stia attraversando l’oscurità: ecco, il Sinodo è una luce che rischiara le tenebre”.
L’autorità non è dominio ma servizio
L’autorità — che nella Chiesa è «servizio» che si «esercita a piedi scalzi» — e la questione degli abusi sono stati tra i temi affrontati negli interventi della tredicesima (presenti in 341) e quattordicesima (presenti in 343) congregazione generale della prima sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, svoltesi il 19 e 20 ottobre, sempre con la modalità degli interventi dei Circoli minori seguiti dagli interventi liberi.
In riferimento alla sezione B3 dell’Instrumentum laboris — il cui titolo è «Partecipazione, compiti di responsabilità e autorità» è stato riaffermato l’impegno a «evitare gli autoritarismi» e che «l’autorità non è dominio ma servizio». Chi «ha autorità — è stato detto in Aula — non deve controllare tutto ma avere la capacità di delegare»; e al vescovo, è stato detto, «spetta l’ultima parola ma non l’unica parola». Tra gli argomenti trattati ci sono «il ruolo dei pastori a servizio dei poveri», proprio sullo stile anche della preghiera presieduta, il 19 ottobre, dal Papa in piazza San Pietro per i migranti e i rifugiati. Occorre prestare attenzione — è stato rilevato negli interventi — «al grido di coloro che soffrono per strada». Inoltre «i vescovi devono chiamare alla conversione del cuore affinché si riaffaccino sentimenti di umanità in coloro che, trafficando armi, contribuiscono alla “terza guerra mondiale” che causa sofferenze di milioni di persone».
La corresponsabilità nella Chiesa
«Corresponsabilità» è una delle parole che più ricorre negli interventi, ed è intesa «come il coinvolgimento e il coordinamento dei carismi». A questo proposito nei lavori è stata messa in rilievo l’importanza di valorizzare figure, competenze e in particolare l’impegno dei laici. Nel briefing di venerdì 20 ottobre Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione e presidente della Commissione per l’informazione, ha voluto chiarire la questione del numero dei partecipanti al Sinodo: sono 365 con il Papa. Ricordando le diverse modalità di partecipazione, Ruffini ha fatto presente che, in tutto, sono coinvolte un altro centinaio di persone — si arriva così al numero di 464 — ma la loro presenza non viene, ovviamente, conteggiata nelle comunicazioni ufficiali. Inoltre ha reso noto che la Segreteria generale dà la precedenza nel prendere la parola a coloro che finora non sono intervenuti nei lavori. Sheila Pires, segretario della Commissione per l’informazione, ha quindi proseguito nel briefing rendendo noto che, in Aula, c’è stato chi ha messo in guardia dal clericalismo, pure tra i laici, anche perché «ha portato agli abusi di potere, di coscienza, economici e sessuali». E gli abusi, ha insistito Pires, hanno fatto «perdere credibilità alla Chiesa», tanto da rendere necessario un «meccanismo di controllo» La sinodalità, è stato evidenziato negli interventi, secondo quanto ha riferito Pires, «può contribuire a prevenire gli abusi perché è un processo che ha a che fare con ascolto e dialogo».
Le riforme necessarie nella Chiesa
Per quanto riguarda le riforme, si è parlato di cambiamenti necessari per arrivare a una maggiore trasparenza delle strutture finanziarie e in campo economico; di revisione del Diritto canonico e anche di alcuni “titoli” divenuti anacronistici. Tornando sulla sinodalità è stata rilevata l’urgenza di rinforzare le strutture già esistenti — come i consigli pastorali — stando attenti a non cedere a derive parlamentaristiche. Infine, Pires ha riferito che è particolarmente sentita la questione della presenza accanto ai giovani nell’ambiente digitale, vero luogo di missione per avvicinare coloro che sono nelle periferie lontane. In realtà, è stata la conclusione, si tratta di incontrare questi giovani dove essi già sono, e cioè nelle diverse reti sociali.
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