Esposte straordinariamente nel Duomo di Torino sei opere del pittore settecentesco Pietro Domenico Olivero, provenienti dalla chiesa di San Tommaso. Dopo un attento restauro a cura di Riccardo Moselli, dal 28 gennaio all’11 febbraio 2024 è stato possibile vedere le tele nella navata laterale destra del Duomo.
Le opere, olio su tela, furono commissionate nel 1731 con il mandato di dipingere undici storie di Santi francescani per l’antica chiesa di San Tommaso. Oggi ne restano sei che negli anni hanno subito varie vicende, così come la chiesa stessa il cui impianto originale risale all’XI secolo. Prima dell’intervento di restauro, durato un anno e conclusosi a fine 2023, le tele risultavano illeggibili, annerite e consunte. Due opere illustrano la vita di San Francesco d’Assisi, l’estasi del Santo e Francesco che muta l’acqua in vino, altri soggetti ritraggono San Salvatore da Horta che risana gli infermi, San Giovanni da Capestrano alla liberazione di Belgrado, il miracolo della mula di Sant’Antonio da Padova e Sant’Antonio da Padova che predica ai pesci.
L’intervento è stato fortemente voluto da don Carlo Franco, compianto parroco del Duomo, direttore del Museo Diocesano e musicista. Si è trattato di uno dei suoi ultimi progetti, prima della sua prematura scomparsa il 28 gennaio 2023, e proprio a lui è dedicata questa mostra ad un anno dalla sua morte. L’attuale parroco della Cattedrale metropolitana, don Silvio Cora, ricorda che «la grande cura e passione di don Carlo Franco per tutte le forme artistiche gli ha consentito di entrare in contatto con artisti e con restauratori, musicisti e storici dell’arte, architetti e studiosi di liturgia. L’eredità di questa ricchezza di relazioni rimane oggi alla Parrocchia del Duomo ed al sottostante Museo Diocesano».
Il pittore torinese Pietro Domenico Olivero, noto soprattutto per le scene di genere e commesse private, viene scelto per la realizzazione di questo importante ciclo pittorico dai Frati Minori che gli affidano la realizzazione delle opere da inserire come sovrapporte della sacrestia dove si era realizzato un importante mobilio. Questa la ragione delle diverse misure dei quadri, spiega il curatore del restauro Riccardo Moselli: «Le opere erano state già oggetto di un intervento a inizio ‘900, ma senza rimuovere una precedente verniciatura ormai ingiallita. Il mio lavoro di pulitura e rimozione dei vecchi strati ha permesso di ridare i reali contrasti cromatici pensati da Olivero. I cieli ad esempio, ormai verdi o marroni, hanno riacquistato luminosità ed evidenziato la gamma di azzurri originali. Sono opere molto importanti. Per il pittore fu una commessa di prestigio: nelle fasi di pulitura in alcuni quadri è emersa la firma di Olivero, una prassi non così usuale quando di tratta di opere di carattere religioso». Moselli peraltro ha eseguito il restauro di altre opere di Olivero non di ambito ecclesiale e sottolinea come l’artista fosse molto noto all’epoca sul territorio piemontese.
Il lavoro di restauro è stato possibile grazie al sostegno della Fondazione CRT e sotto il controllo della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio della Città Metropolitana di Torino.
«Un prezioso patrimonio culturale viene restituito oggi alla fruizione della collettività grazie alla Fondazione CRT che, con il bando Restauri Cantieri Diffusi, non solo ridà luce ai numerosi tesori disseminati sul territorio, ma crea anche importanti opportunità occupazionali, valorizzando maestranze d’eccellenza e dando linfa all’economia locale», dichiara il Segretario Generale della Fondazione CRT Andrea Varese.
«La Soprintendenza, come di consueto, ha seguito l’intervento di restauro che ha permesso di restituirci la piena leggibilità di alcuni dipinti del pittore Olivero, poco conosciuti trattandosi di sopraporte della sacrestia di San Tommaso, di soggetto religioso, peraltro non così comune nella prolifica produzione laica di questo artista, amato dalla corte sabauda. I dipinti in questione appartengono agli anni trenta del XVIII secolo che sono gli anni della sua piena maturità artistica. Sono quadri ricordati dalle fonti settecentesche e spesso citati nelle antiche guide della città. A don Carlo, cui l’esposizione è dedicata nell’anniversario della sua scomparsa, va il nostro ricordo vivo e affettuoso; fine musicista, amava il dialogo serrato tra l’antico e il contemporaneo e l’utilizzo delle immagini per veicolare il messaggio sacro», spiega Valeria Moratti della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio della Città Metropolitana di Torino.
L’esposizione straordinaria era fruibile fino all’11 febbraio negli orari d’apertura del Duomo: successivamente, verrà decisa una collocazione adeguata al fine di continuare a mettere le opere a disposizione del pubblico in maniera costante e più ampia possibile.
In programma nel periodo d’apertura della mostra, il 7 febbraio alle ore 17.30 in Duomo, un incontro con Arabella Cifani, critica d’arte e collaboratrice del Museo Diocesano studiosa di Pietro Domenico Olivero, per approfondire la storia delle preziose opere.
AUTORE PIETRO DOMENICO OLIVERO
Pietro Domenico Olivero nacque a Torino nel 1679 e fu battezzato il 10 agosto nella Parrocchia di San Tommaso, morì a Torino il 13 gennaio 1755. Figlio di un intagliatore. Si forma artisticamente con l’architetto e pittore Melchior Baldassare Bianco, subì l’influsso dei pittori olandesi e fiamminghi come Melchior Hamers, Peter Mauritz Bolckman, Abraham Godyn, Jean-Baptiste Abret, Jean Miel, attivi a Torino sulla fine del ‘600. Le sue capacità furono apprezzate da Vittorio Amedeo II di Savoia che ne divenne protettore.
Della sua vita personale si sa, dal censimento del 1705, che venne registrato come “storpio”, era nato con disabilità ad entrambe le gambe, ma questo non gli impedì di diventare un artista riconosciuto ed apprezzato. Anzi disegnò con ironia la propria deformità.
È considerato tra i più importanti autori italiani della pittura bambocciante, un attento e ironico testimone del Settecento piemontese di cui illustrò sia nei suoi usi e costumi laici, le mode, nature morte e momenti storici, sia dedicandosi a soggetti religiosi.
Oltre alle opere in San Tommaso, restano alcuni interessanti disegni presso la Biblioteca Reale di Torino, alcuni album al Museo Civico, alcune sue opere si trovano nel castello di Betton Bettonet in Savoia, lavorò anche come decoratore a palazzo Reale e alla Venaria Reale e i suoi lavori sono oggi visibili a Racconigi e nella Palazzina di Caccia di Stupinigi.
CHIESA DI SAN TOMMASO
La centralissima Chiesa di San Tommaso di Torino che si incastra tra Via Pietro Micca, Via Monte di Pietà e Via San Tommaso è uno dei luoghi di culto più antichi della città. Il primo impianto risale al XI secolo a pochi passi dalle porte Palatine in quella che un tempo fu “Via dei buoi”. Crollò a metà 1400 e fu ricostruita a partire dal 1584 epoca in cui era affidata ai Fratelli Minori Osservati. A porre la prima pietra del nuovo edificio fu Carlo Emanuele I di Savoia, la chiesa venne consacrata nel 1621, ma pochi anni dopo nel 1698 fu danneggiata da uno scoppio, a cui seguì, a inizio 1700, un altro cantiere. Il convento fu poi soppresso prima da Napoleone poi da Rattazzi. Alla fine dell’800 gli importanti interventi urbanistici su Torino ne imponevano l’abbattimento, ma fu salvata per volere dell’architetto Carlo Ceppi, pur sacrificando una porzione e trasformando la pianta a croce latina in pianta a croce greca e realizzando una nuova facciata.
RUOLO E RICORDO DI DON CARLO FRANCO
Carlo Franco (Torino 23 febbraio 1958 – 28 gennaio 2023) musicista polistrumentista, studioso di musica liturgica, è stato ordinato sacerdote il 7 giugno 1987, e dopo alcune esperienze come viceparroco a Torino, dal 2001 al 2012 ha svolto il suo ministero come parroco a Reano. Nel 2013 è nominato parroco del Duomo di Torino e canonico effettivo del Capitolo Metropolitano. Nel 2015 viene nominato addetto alla Cappellania dei fedeli anglofoni e sempre nel 2015 è diventato Direttore del Museo Diocesano. Tra il 2000 e il 2017 è stato responsabile dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale Liturgica – settore musica.
Uomo di grande umanità e apertura culturale ha lasciato in molte persone, credenti e non credenti, un ricordo profondo e grato una memoria intensa e viva.
FOTOGALLERY (credit foto: Alessandro Bazzocco):