La partenza dei «Percorsi» – che l’Istituto interdiocesano per la formazione ai ministeri battesimali ha approntato dal prossimo autunno – attiva fin da adesso le Unità Pastorali e le parrocchie nella ricerca dei candidati ai ministeri dell’accolitato, lettorato, catechista, referente della carità e guida della comunità in équipe, di cui sono stati pubblicati i profili sul sito (www.percorsi.torinosusa.it).
Come già precisato da don Paolo Tomatis, direttore dell’Istituto Interdiocesano della Formazione, l’individuazione di queste figure dipende dal discernimento più specifico sulle necessità dei territori e in rapporto al modello organizzativo delle Unità Pastorali. A questo si sta lavorando con il Consiglio dei moderatori (di Up) e, tramite loro, con le singole comunità parrocchiali.
Il confronto avviato in questi mesi ha sostenuto contemporaneamente l’opportunità di individuare criteri comuni rispetto alle finalità delle Unità Pastorali e configurazioni diversificate a seconda della storia e della specificità dei territori. Così, laddove esistono meccanismi rodati di collaborazione interparrocchiale, spesso alcune figure laicali stanno già ricoprendo ruoli di coordinamento in contesti pastorali specifici (ad esempio, nell’ambito della catechesi, della pastorale giovanile e della carità) e la scelta di eventuali candidati ai ministeri istituiti risulta coerente e culturalmente condivisa.
Nelle parrocchie che hanno sostanzialmente mantenuto un’azione pastorale autonoma (talvolta per buona disponibilità di risorse interne) o hanno maggiormente patito la perdita di significatività sul territorio, la nascita dei percorsi formativi per ministerialità istituite può favorire la possibilità di aprirsi alla collaborazione interparrocchiale e di investire sulla formazione dei suoi membri. In effetti, siccome il lavoro sul ripensamento della presenza della Chiesa sul territorio procede ragionevolmente secondo realizzazioni e velocità diverse, in alcune Unità pastorali potrebbe risultare non prioritario interrogarsi sull’opportunità dei ministeri istituiti e sul volto di una Chiesa ministeriale; oppure potrebbero mancare candidati a causa dell’esiguo numero di adulti che partecipano alla vita comunitaria. Per questo, occorre leggere con realismo il tempo presente, coltivare uno sguardo prospettico e attrezzare una disposizione al futuro per non trovarsi impreparati nel compito apostolico.
La seria diminuzione del numero dei sacerdoti, l’età avanzata di molti collaboratori laici, la fatica di molte comunità a raggiungere e coinvolgere adulti e giovani sono certamente dati oggi leggibili, ma non possiamo permetterci di farne una profezia che si auto-avvera, una sorta di destino ineludibile che noi stessi concorriamo a realizzare. In questa cornice, diventa importante che nelle Unità pastorali si apra un percorso di formazione e discernimento sulla natura ministeriale della Chiesa e sulla possibilità di lavorare per preparare il terreno alla chiamata di alcuni laici ai percorsi verso i ministeri istituiti.
Come per ogni nuova esperienza, potremo accogliere la fecondità di questa scelta ecclesiale solo se accetteremo di attraversare l’incertezza di uno scenario in parte inedito. Come dice il nostro Arcivescovo, qualcosa di analogo avvenne all’indomani del Concilio Vaticano II allorché la scelta di investire sul diaconato permanente lasciò molte Chiese spiazzate: presbiteri e comunità hanno potuto capire e apprezzare il dono singolare del diaconato soltanto quando i diaconi sono effettivamente «nati» e hanno contribuito a realizzare il volto della Chiesa nelle concrete realtà locali. D’altra parte, il discernimento relativo alle candidature ai ministeri battesimali poggia sui criteri che dovrebbero normalmente orientare le scelte della comunità cristiana ogni volta che una persona adulta è chiamata a svolgere un servizio ecclesiale.
Per l’iscrizione ai percorsi verso il ministero istituito si richiede che i candidati abbiano almeno 25 anni di età; abbiano ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana e coltivino una profonda vita di fede; siano formati alla Parola di Dio e attivamente coinvolti nella propria comunità; abbiano forte senso di appartenenza alla Chiesa; siano umanamente maturi, capaci di relazione e collaborazione; abbiano sviluppato una certa esperienza pastorale nell’ambito inerente il ministero cui vengono candidati a formarsi. Non a sproposito, si può dire che il discernimento si configura in senso vocazionale: il ministero non può essere vissuto in modo personalistico e si inserisce nel contesto del lavoro di équipe, in spirito di fedele collaborazione con i presbiteri che presiedono le comunità, con i diaconi e con gli altri ministeri istituiti e di fatto.
Proprio per questo, il discernimento del candidato si compone di alcune tappe e domanda l’azione concertata di diversi soggetti: la valutazione del moderatore/del parroco con la comunità che lo presenta, il colloquio di ammissione presso l’Istituto, l’accompagnamento nel tempo della formazione e lo scrutinio in vista dell’istituzione da parte del Vescovo. Inoltre, per l’iscrizione all’Istituto, il candidato deve presentare una petizione al Vescovo liberamente scritta e firmata. Il discernimento relativo ai ministeri istituiti ha una dinamica circolare: nasce nella Chiesa, è orientato a servizio della Chiesa e si realizza su mandato della Chiesa.
don Mario AVERSANO Vicario episcopale per la Pastorale sul territorio su «La Voce E il Tempo» del 26 maggio 2024