Una mano tesa verso chi vive dietro le sbarre, un gesto che si traduce in aiuto generoso, gratuito e concreto offerto dal mondo del volontariato a chi ha bisogno di sostegno nel periodo di detenzione o di essere accompagnato lungo il percorso di reinserimento nella società da persona libera. Un’attività, quella svolta dai volontari nelle carceri o nella fase delicata dell’uscita dall’istituto di pena, a cui è dedicato il quarto appuntamento del ciclo di conferenze sui temi della detenzione promosso, nell’ambito delle iniziative per il 160° anniversario della morte della venerabile marchesa Giulia Falletti di Barolo e curato dall’Opera Barolo in collaborazione con il settimanale diocesano «La Voce e Il Tempo».
L’appuntamento è per venerdì 20 settembre 2024 alle 17 a Palazzo Barolo (via delle Orfane 7a, Torino): un’occasione per conoscere alcune tra le realtà che svolgono attività di volontariato a sostegno delle persone recluse: per Centro di Ascolto della Caritas diocesana «Le Due Tuniche» interverrà la responsabile Wally Falchi; per l’associazione «La goccia di Lube» il presidente Adriano Moraglio; per gli «Asili Notturni Umberto I» di Alessandria il direttore Pier Giuseppe Rossi; per «Volontari di San Martino» il presidente dell’associazione Michele Burzio nonché diacono in servizio al carcere «Lorusso e Cutugno» e per la «Fondazione Tancredi di Barolo» parlerà Silvia Orsi.
Luca Pidello, presidente della Commissione consiliare della Città di Torino «Legalità e diritti delle persone private della libertà personale» e Monica Cristina Gallo, garante comunale dei diritti dei detenuti, forniranno l’opportunità di riflettere su come le istituzioni interagiscono con le realtà del privato sociale e su come collaborando è possibile contribuire a superare le enormi criticità del nostro sistema penitenziario per renderlo effettivamente capace di rispondere non solo a quanto disposto dall’articolo 27 della Costituzione («…le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»), ma anche ai ripetuti inviti di Papa Francesco affinché «la pena non comprometta il diritto alla speranza, che siano garantite prospettive di riconciliazione e di reinserimento», a che «mentre si rimedia agli sbagli del passato, non si può cancellare la speranza nel futuro» e alla necessità di «garantire condizioni di vita decorose, altrimenti le carceri diventano polveriere di rabbia, anziché luoghi di ricupero».
Lo scorso mese di maggio, in occasione della visita del Papa al carcere veronese di Montorio, un detenuto 22enne si è rivolto a Francesco esprimendo la speranza «di essere accolti come cittadini una volta usciti dal carcere» e «il sogno che tra detenuti, operatori e volontari si possano costruire rapporti che abbiano il profumo di famiglia e fratellanza». Un sogno, quello del giovane recluso, che ci riporta alla secolare tradizione torinese di attenzione e impegno nei confronti dei ristretti a partire dai santi sociali Giuseppe Cafasso, confessore dei condannati a morte e patrono dei detenuti e Giovanni Bosco che trascorreva molto tempo con i ragazzi «discoli e pericolanti» della «Generala » oggi l’istituto di pena minorile Ferrante Aporti, e poi ancora la marchesa Giulia di Barolo che, tra le sue numerose iniziative di carattere sociale, nel 1823 istituì il Rifugio, una casa di accoglienza per le donne uscite dal carcere, primo nucleo dell’attuale Distretto Sociale Barolo.
L’incontro di venerdì 20 settembre, «Il volontariato in carcere», sarà introdotto da Sonia Schellino, membro del Consiglio di amministrazione dell’Opera Barolo.
Mauro GENTILE su «La Voce E il Tempo» dell’8 settembre 2024