Il Vangelo oltre la crisi

A 50 anni dal Vaticano II, l'Arcivescovo di Torino riflette sul rapporto tra Chiesa e modernità

Quanto è lontano il Concilio? I mass media spesso riducono la questione alle tensioni tra chi vorrebbe un ritorno al Vaticano I e chi sogna il Vaticano III. Ma questa è invece, e comunque, la Chiesa del Vaticano II. Cosa significa essere fedeli ai segni dei tempi e dunque anche al nostro tempo presente?

Il Concilio è stato un evento di grazia (definito «una nuova Pentecoste») nella vita e missione della Chiesa, perché ha inteso consolidarne la fede e renderla sempre più capace di evangelizzare l’uomo «contemporaneo». Non esiste una Chiesa pre e post conciliare, ma un’unica Chiesa che, pellegrina nel tempo e sorretta dallo Spirito Santo, sa trarre dal suo tesoro «cose antiche e cose nuove» per testimoniare con coerenza e speranza il Vangelo del Regno di Dio nella storia dell’oggi in cui vive e opera.
 
Il Papa ha stabilito di celebrare il ricordo dei 50 anni dall’apertura del Concilio nel quadro di un «anno della fede», in cui anche la diocesi di Torino inserisce il proprio cammino pastorale. Quali sono il significato e l’obiettivo di questa scelta, per la Chiesa universale e la nostra diocesi?
L’anno della fede in riferimento al Concilio vuole consolidare il suo centro vivo, il suo cuore, che sta nell’annuncio di Cristo morto e risorto rivolto agli uomini e donne del nostro tempo, con quella carica di novità e di speranza che scaturisce dalla perenne novità di cui è portatore. La fede però va sempre alimentata e promossa con una costante conversione di ciascuno, della comunità e del mondo. La chiamata universale alla santità rappresenta l’invito più forte e pressante del Concilio. Per questo come Chiesa di Torino abbiamo scelto di focalizzare l’anno della fede sul Battesimo la porta che ci introduce in Cristo e nella Chiesa.
Nella Lettera pastorale «Devi nascere di nuovo» ho ricordato l’espressione di Giovanni Paolo II: «Chiedere a un catecumeno: ‘Vuoi ricevere il Battesimo’ è come chiedergli: vuoi diventare santo?».
 
Perché, a 50 anni dal Concilio, abbiamo bisogno di pensare il rapporto con il mondo moderno in termini di «nuova evangelizzazione»? La modernità e la sapienza del Vangelo (della Chiesa) hanno bisogno di trovare un nuovo punto d’incontro? E qual è?
Il mondo moderno o post-moderno è in forte crisi di identità e di fede, almeno qui in Occidente. Da qui scaturisce la scarsa speranza e la chiusura in se stessi, in un orizzonte dominato dal bene individuale come bene assoluto e dal relativismo soprattutto in campo morale come regola di vita. Vivere come se Dio non ci fosse è diventata la prassi comune a molti. Per il «Dio con noi» Gesù Cristo, c’è sempre meno spazio anche nella formazione della propria personalità umana e religiosa. Da qui l’esigenza di ritornare ad annunciare il kerygma della morte e risurrezione di Cristo anche ai battezzati che stanno perdendo le ragioni del credere e del vivere da cristiani.
La nuova evangelizzazione tende a far riemergere nella coscienza e nella vita di tanti contemporanei, credenti, in ricerca o atei, quella significatività e bellezza che la fede in Cristo offre a chi l’accoglie con semplicità e sincerità di cuore. Il punto di incontro tra modernità e sapienza del Vangelo è la croce del Signore. Per questo ai giovani che sono il futuro della Chiesa e del mondo Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno affidato la croce che è stata sempre e lo è oggi più che mai, scandalo e «pazzia» per il mondo, ma è potenza di Dio e salvezza piena e vera per chi l’accoglie.
 
La crisi del territorio e della partecipazione diretta, il successo del mondo virtuale impongono anche alla Chiesa di interrogarsi sulla qualità della propria presenza al servizio delle persone e delle comunità. Come superare la tentazione delle «piccole società perfette» senza perdere il senso della propria identità e la memoria della propria storia?
Le vie della comunicazione e della partecipazione attiva della gente alle vicende politiche, sociali ed ecclesiali del territorio sono in forte declino. E questo preoccupa seriamente perché la relazione interpersonale e comunitaria è il fondamento di ogni riuscita sia negli ambiti civili che religiosi della vita della gente. Il mondo virtuale è affascinante ma resta tale con tutti i suoi limiti e potenzialità, pur sempre estraneo all’incontro faccia a faccia che è quello che suscita le più vere e profonde emozioni, simpatie, esperienze che danno senso e sapore di gioia e di bellezza alla vita. Per cui quello che rende attuale e moderna la presenza della Chiesa è il suo impegno di sempre: quello di stare vicino alle persone, alle famiglie, a chi soffre dando risposte non confezionate ad arte o patinate ma concrete e vere, perché fondate sulla Parola di Dio e il suo Amore di Padre e Salvatore, che rispondono a bisogni reali della gente.
In quanto alle piccole società perfette, la Chiesa non sarà mai una di queste, autoreferenziali e selettive, perché il comando del Signore è chiaro: «andate in tutto il mondo ed evangelizzate ogni creatura». La natura di popolo di Dio della Chiesa che il Concilio ha espresso con forza esprime la sua forte identità e l’anima di tutta la sua storia. Anche se nel suo interno non mancano realtà chiuse in se stesse c’è sempre lo sforzo di aprirle alla comunità più vasta della parrocchia e della Diocesi dove si respira forse meno intimità, ma si vive la vera fraternità universale che accoglie tutti senza riserve o pregiudizi, facendo così superare la tendenza alla «religione fai da te» e dunque a una chiesa a misura di se stessi.
La Chiesa non dovrà mai apparire un gruppo, ma una comunità che abbraccia tutti gli uomini al di là delle differenze di cui sono portatori (In Cristo, dice l’Apostolo, non c’è più giudeo o greco, schiavo o libero, uomo o donna e via di questo passo per tutti i muri che la storia costruisce tra le persone e i popoli…) e li conduce ad amarsi in Cristo e tra loro come veri fratelli e sorelle di una sola «casa».
 
La questione dell’interpretazione del Vaticano II, così come l’ha posta Benedetto XVI (discorso alla Curia romana 22 dicembre 2005) è il centro e lo snodo per lo stile di Chiesa che si intende realizzare. In che senso questa è una questione viva e attuale per la nostra pastorale?
Lo stile della vita della Chiesa, che va realizzato, deve unire in un’anima sola la Tradizione ricuperata sempre nei suoi fondamentali e dunque non tanto nelle sue realizzazioni storiche e per questo sempre parziali, e la novità della Parola di Dio che rompe ogni incrostazione statica della vita cristiana ed ecclesiale, perché sostenuta dall’azione dello Spirito Santo. E insieme con l’apporto del Magistero e di tutto il popolo di Dio, apre vie nuove e imprevedibili, per compiere la sua missione nel mondo.
Il Vaticano II questo ha detto e indicato nelle sue grandi Costituzioni in particolare. Esse esprimono un equilibrio che non è mai un compromesso al ribasso, ma lo sforzo di trarre dal ricco patrimonio del passato le radici del rinnovamento di cui c’è bisogno per ringiovanire la Chiesa e la pastorale. Ma il tutto non tanto e solo a partire dalle cose da fare o da non fare, ma dal ricupero dei tesori preziosi della Chiesa di sempre: la Parola di Dio (Dei Verbum), la Liturgia (Sacrosanctum Concilium), la realtà misterica e sacramentale della Chiesa (Lumen Gentium), il propter homines che qualifica la missione della Chiesa nel mondo sulla stessa via del Verbo incarnato, secondo la nota espressione dei Padri: «niente è stato salvato che da Cristo non sia stato assunto» (Gaudium et Spes).
 
Prima e dopo il Concilio il magistero dei Papi ha disegnato un orizzonte preciso e impegnativo. La «Mater et magistra» di Giovanni XXIII e la «Populorum progressio» di Paolo VI preparano e indicano il mutato atteggiamento della Chiesa nei confronti del mondo e della sua attualità. Una Chiesa madre e maestra che intuisce il «segno dei tempi» del mondo globale… Qual è oggi la «sapienza» che la Chiesa ha da vivere e da proporre al mondo, in un tempo segnato dalla crisi economica che è in realtà crisi di modelli e di valori?
Il magistero dei Papi, prima e dopo il Concilio ha delineato una visione nuova sul mondo e la storia degli uomini, quella della simpatia e della comprensione che non significa accondiscendenza e scarsa adesione alla verità che resta invece intatta e forte, ma indica una strada diversa dal quella della contrapposizione frontale con quelli che un tempo venivano chiamati gli avversari, e ricerca invece le vie del confronto e del dialogo con tutti, ma sempre nella verità e nella carità strettamente congiunte.
La «Caritas in veritate», la più recente enciclica di Papa Benedetto XVI ne è un efficace e significativo esempio in un campo, quello sociale, che particolarmente oggi nel tempo di crisi che stiamo vivendo appare sempre più complesso. La crisi finanziaria, economica e sociale ha le sue radici nella svalutazione e perdita del senso positivo dei valori spirituali ed etici che stanno alla base della stessa identità dell’uomo e della donna, della vita, della famiglia e dunque del lavoro e di una società giusta, pacifica e solidale. L’etica della vita e l’integrale promozione dell’uomo stanno a fondamento dell’etica sociale, della giustizia e della solidarietà, della pace.
La sapienza che la Chiesa deve vivere, annunciare e proporre è dunque quella già enunciata dall’Apostolo Paolo con la nota espressione: «tutto è vostro, voi siete di Cristo e Cristo è di Dio». Da essa si evince che niente di ciò che è umano e naturale è estraneo al messaggio cristiano e va considerato con occhi positivi, ma il cristiano tutto riferisce all’Uomo nuovo che è Cristo Signore, il quale rivela la via che conduce al termine ultimo e definitivo del senso della vita e della morte, dell’amore e della sofferenza, della giustizia e della fraternità. È dunque quella sapienza che tutto valorizza e tutto relativizza ad un tempo, perché alla fine solo in Dio c’è la speranza affidabile, di cui ogni uomo ha bisogno per vivere e costruire la città terrena orientandola al suo compimento in quella celeste.
a cura di Marco BONATTI
Testo tratto da «La Voce del Popolo» del 14 ottobre 2012
 
condividi su