Mons. Nosiglia: «Stabilire per queste unioni norme specifiche che si distinguano da quelle per la famiglia»

Ampia intervista all'Arcivescovo pubblicata su «La Voce del Popolo» di domenica 7 febbraio 2016

Pubblichiamo di seguito l’intervista all’Arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, sui temi della famiglia a cura di Luca Rolandi e pubblicata su «La Voce del Popolo» di domenica 7 febbraio 2016

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La centralità della famiglia nel dibattito attuale sembra essere dimenticata. La Chiesa italiana e credente sta cercando senza contrapposizioni di ribadire il suo fondamentale ruolo nella società.
Possiamo anzitutto farci una domanda che condiziona il vasto dibattito di questi giorni: quando diciamo famiglia che cosa intendiamo? La nostra Costituzione afferma che «la famiglia è l’istituto naturale fondato sul matrimonio» e il Codice civile sviluppa una serie molto ampia di articolati per regolare i diritti e doveri dei due coniugi, marito e moglie, e quella dei loro figli. Lo Stato dunque ha sempre considerato la famiglia come la realtà più importante e decisiva per la sua stessa esistenza e il suo futuro. Per i cristiani tutto ciò è radicato nella stessa natura umana. Dio, afferma il libro biblico della Genesi, creò l’uomo, maschio e femmina (Gn 1,26-27), indicando anche la via per la loro piena realizzazione di persone: «L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola» (Ef 5,31). Ad essi diede il compito di generare i figli per garantire il futuro dell’umanità. Altri tipi di unione quindi sono appunto altro, che non va confuso ed equiparato con la famiglia naturale fondata sul matrimonio.
 
Unioni civili e matrimonio: poco si sta discutendo di una sovrapposizione che rischia di creare una nuova norma che si giustappone all’istituto riconosciuto dalla Costituzione Italiana.
La proposta di legge in discussione in Parlamento non parla di matrimonio, ma definisce le unioni civili «formazione sociale specifica» riferita alle coppie conviventi o omosessuali. Negli articoli della legge, poi, di fatto si applicano a tale formazione specifica tutti i diritti e le disposizioni del Codice civile proprie del matrimonio eterosessuale, per cui c’è una indebita equiparazione tra l’uno e altro istituto. Come abbiamo espresso nel comunicato dei vescovi del Piemonte e come ha detto chiaramente papa Francesco nel discorso alla Sacra Rota romana, una equiparazione del genere non è ammissibile. Si tratta di due realtà diverse per cui se è legittimo per uno Stato laico regolare i diritti e doveri delle coppie conviventi o omosessuali, è altrettanto doveroso stabilire per queste unioni norme specifiche che si distinguano adeguatamente e con chiarezza da quelle previste per la famiglia fondata sul matrimonio.
 
In questo momento, con coraggio e profezia, è importante non assecondare lo «scontro» ideologico e la contrapposizione tra laici e cattolici. Riuscire, in modo pacato, ad avviare un processo di dialogo nel quale una mediazione giusta in campo civile, possa dare diritti ma senza scardinare un modello di società che deve essere orientata al «noi» e non al singolo individuo.
La promozione del dialogo e della cultura dell’incontro è oggi più che mai necessaria, per non alimentare contrapposizioni che ottenebrano l’intelligenza e chiudono dentro il cerchio di una autoreferenzialità che impedisce di cercare vie, non di compromesso spesso impossibile, ma comunque di rispetto delle altrui posizioni e di sforzo per trovare almeno qualche punto di convergenza per il bene comune. Al Convegno della Chiesa italiana a Firenze papa Francesco ha affrontato lucidamente questo problema dicendo: «Non bisogna aver paura di percorrere l’esodo di un autentico dialogo per comprendere le ragioni dell’altro e capire fino in fondo che il fratello conta di più delle posizioni che giudichiamo lontane dalla nostre pur autentiche certezze. Ma la Chiesa sappia dare una risposta chiara davanti alle minacce che emergono all’interno del dibattito pubblico. È questa una delle forme del contributo specifico dei credenti alla costruzione della società comune» (discorso del Santo Padre Francesco all’incontro con i rappresentanti del V Convegno Nazionale della Chiesa italiana, 10 novembre 2015).
 
Si parla di adozioni, affidi rafforzati con l’estensione di questa possibilità a persone delle stesso sesso. Sarebbe importante ripartire, senza strumentalizzazioni, proprio dai bambini che sono le persone più indifese, i quali devono vivere in un luogo accogliente e pieno d’amore, la famiglia appunto, dove crescere in modo sereno ed armonico
I più deboli e indifesi, in questa materia, sono i bambini soggetti alla volontà e al potere degli adulti che li considerano loro proprietà fino a privarli – con la perversa pratica dell’utero in affitto – di quel rapporto con la propria madre che li ha portati nove mesi nel grembo e li ha generati. Escluderli da questo rapporto naturale è una forma di schiavitù che, per assecondare il presunto diritto di un adulto, distrugge quello fondamentale del bambino. Ogni persona, al di là del suo orientamento sessuale, può amare un bambino anche se non è suo figlio, ma escludere per principio un bambino dall’amore di sua madre che lo ha generato è quanto di più disumano si possa fare. Il bambino non è un diritto, un prodotto di consumo da manovrare secondo il desiderio di chi lo obbliga a una crescita innaturale, priva di una madre o di un padre.
 
Di fronte a questa situazione quale impegno ne scaturisce oggi per le comunità e le famiglie cristiane?
Occorre affrontarla con fiducia e responsabilità, cogliendone anche l’opportunità e lo stimolo per qualificare i percorsi di educazione all’amore e formazione al matrimonio e alla famiglia già dall’età dell’adolescenza e giovinezza e rendere sempre più manifesto il loro valore e la gioia che promuovono, quando sono vissuti secondo il disegno di Dio. Come avveniva all’inizio della fede cristiana in un mondo pagano, i cristiani non possono contare su leggi e cultura favorevoli ma possono suscitare anche oggi stupore con il loro comportamento e le loro scelte in fatto di matrimonio e famiglia, testimoniando il coraggio di andare controcorrente rispetto al costume di vita abbondantemente reclamizzato e dominante. La forza della verità, del buono e del bello che vive con fedeltà una famiglia cristiana penetra nelle coscienze di ogni uomo e donna e suscita attenzione e anche nostalgia e muove a voler fare altrettanto. È infine fondamentale per il patrimonio comune di tutta la società che le Istituzioni pubbliche promuovano una politica di sostegno famigliare, che vada oltre interventi provvisori ed estemporanei, ma sia strutturale per aiutare la vita ordinaria dei nuclei primari della società. In particolare si intervenga con mezzi e risorse economiche adeguati per affrontare i problemi che assillano le famiglie: educazione, lavoro, scuola e casa.

(intervista a cura di Luca Rolandi, pubblicata su «La Voce del Popolo» del 7 febbraio 2016)

 
Su YouTube è possibile rivedere il serizio mandato in onda dal TG Regionale del Piemonte il 3 febbraio 2016.
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