La presenza diaconale nelle parrocchie che costruiscono attualmente l’Unità pastorale 24 risale ad oltre 30 anni fa. Ai primi inserimenti nella metà degli anni ‘80 altri ne seguirono grazie a nuove vocazioni nei paesi d’origine e a trasferimenti dalla città. Attualmente sono presenti 6 diaconi, distribuiti nelle varie parrocchie, impegnati nei campi specifici del loro ruolo, della carità, della catechesi e della liturgia. Fin dall’inizio del loro inserimento i diaconi sono stati favorevolmente accolti dalle comunità alle quali erano inviati dal vescovo. Queste hanno visto in loro il riferimento per tante attività e iniziative che per la carenza dei sacerdoti, che già allora iniziava a manifestarsi, non potevano essere svolte dai parroci o non permetteva a questi di dedicarsi come avrebbero voluto alla cura del popolo di Dio loro affidato. Alcuni di loro, in particolare, venne chiesto di seguire piccole parrocchie senza parroco residente per mantenere viva la comunità, in accordo con il parroco che risiedeva in paesi vicini.
In questi casi il trasferimento da parrocchie cittadine a paesi della diocesi alquanto lontani, comportava necessariamente il trasferimento di tutta la famiglia, compresi i figli in giovane età che erano costretti a lasciare la scuola, gli amici per nuove realtà per loro totalmente nuove. In particolare nel novembre dell’84 un diacono, con la sua famiglia, venne inviato nella parrocchia di San Giovanni Battista di Grange di Nole (allora Parrocchia) e analogamente nella primavera dell’85 nella parrocchia san Giacomo di Levone. Pur non essendo specifico del diacono il compito di reggere comunità parrocchiali, la loro testimonianza di obbedienza alla chiamata del Signore, tramite il vescovo e svolta in armonia con il parroco, ha consentito a diverse piccole comunità di mantenere la loro specificità e di proseguire nella loro crescita anche con la presenza saltuaria del parroco.
Una via al diacono Ferrero Con la prossima visita pastorale del nostro Arcivescovo, dovendo presentare un flash sulla nostra Unità Pastorale mi è stato chiesto di narrare quella che è un’esperienza diaconale vissuta e sperimentata ormai da anni da alcuni diaconi in questo territorio. Il motivo di questa richiesta da parte del Clero Up vorrebbe essere un possibile contributo da tener presente nella riorganizzazione della nostra diocesi. I diaconi operanti nella nostra Up sono sei, tre di essi sono coinvolti in questa esperienza che consiste essenzialmente nel seguire pastoralmente una piccola comunità (parrocchiale o no) dove il parroco non risiede. Nella nostra Up l’esperimento ebbe inizio con il Cardinale Ballestrero. L’allora parrocchia S. Giovanni Battista in Grange di Nole venne affidata ad un diacono nel novembre 1984; lo stesso avvenne nei primi mesi del 1985 con la parrocchia S. Giacomo Apostolo in Levone alla quale seguirono le parrocchie di Benne di Corio e Rocca.
In tutti questi casi non ci sono state rimostranze da parte dei fedeli e la vita spirituale e la comunione tra essi non è venuta meno. Testimoniano l’affetto delle comunità verso la Chiesa e verso il loro diacono due avvenimenti sintomatici: a Levone è stata intitolata una via al diacono Giuseppe Ferrero rimasto alla guida spirituale del paese per 10 anni. Durante la visita pastorale il nostro Arcivescovo benedirà la lapide. A Grange di Nole, nonostante avessero perso il titolo di parrocchia, non hanno fatto alcuna rimostranza perché la loro identità e la loro vita comunitaria era salva e continuava attraverso il diacono, loro punto di riferimento.
Accanto ai mariti Nove anni dopo l’ordinazione diaconale di Enzo, ci fu chiesto dai superiori la disponibilità a trasferirci in una piccola comunità, senza parroco, a venti chilometri da Torino. Non fu umanamente una scelta facile. Si prospettava, come poi avvenne, di lasciare a Torino i due figli maggiori, la casa e tutto quanto in quei ventiquattro anni di matrimonio aveva contribuito a renderla più confortevole. Ci si doveva allontanare dagli amici, dalla comunità e da tutti quei rapporti costruiti con loro negli anni. Avevo però ben fisso nella mente e nel cuore che, anni addietro, non avevo scelto la casa, gli amici, etc., ma avevo scelto Dio. Mi sembrò quindi naturale fare ciò che in quel momento, espressa dai superiori, era la Sua volontà; fidavo d’altronde che Dio, se ci chiedeva quel passo, ci avrebbe donato anche la grazia per realizzarlo. La casa a Grange era vuota. Noi da Torino potevamo portare soltanto la nostra camera matrimoniale e la biancheria. I due figli maggiori, già lavorando, risultava necessario rimanessero a Torino. Abbiamo avuto così la prova che Dio non si lascia mai vincere in generosità. Con l’aiuto dei diaconi e delle famiglie del gruppo, che misero immediatamente a disposizione il tempo e ciò che avevano che poteva esserci utile, in due soli mesi, la casa fu imbiancata e completamente arredata, compresi stoviglie, pentolame, quadri e centrini.
La comunione dei beni rendeva possibile ciò che agli occhi del mondo sembrava impossibile. Mai avevamo posseduto una sala da pranzo: ci fu chi ce ne donò una quasi nuova avuta in eredità dalla zia. Da un amico ricevemmo un sofà il cui colore era perfettamente intonato all’imbottitura delle sedie che già avevamo ricevute da un altro. Mi sento veramente di poter dire che il Signore non solo si dimostrò generoso, ma anche pieno di buon gusto. Che cosa posso ancora aggiungere? Sento che oggi siamo ancora e sempre nello stesso spirito di disponibilità per essere al servizio della Chiesa dove essa ci chiama. Ben tre volte ci fu prospettato un nuovo trasferimento, sempre abbiamo accettato, anche se successivamente non si concretizzò perché parve ai superiori che il volere di Dio fosse altro. La comunità nella quale ormai viviamo da più di venti anni è diventata, fin dal primo giorno, la nostra comunità. Forse anche per questo motivo in essa non solo siamo stati accolti, ma viviamo in buoni rapporti con tutti, oserei dire, volendoci bene reciprocamente. In diverse occasioni è stato dimostrato l’apprezzamento di tutti alla disponibilità di Enzo e all’opera pastorale che egli svolge. Di tutti questi anni ho colto nel cuore quale dono prezioso Dio mi abbia fatto mettendomi accanto ad Enzo e quanto questo mi abbia aiutata a maturare, a crescere e a scoprire l’amore che Dio ha per me.
Testo tratto da «La Voce del Popolo» del 28 dicembre 2014