San Salvario, a ridosso della Stazione di Porta Nuova, quartiere multiculturale e multi religioso, storicamente zona di «passaggio» per chi arriva in città in cerca di fortuna. Tre parrocchie sotto la guida del moderatore il salesiano don Mauro Mergola. In questo contesto – don Mergola – come si attua nell’Unità la pastorale dell’incontro?
«San Salvario è da sempre il luogo dell’incontro e talvolta dello scontro. È il territorio delle contraddizioni che si manifestano con grande evidenza. Dal 2012 la nostra comunità parrocchiale sta cercando di integrare la tradizionale pastorale parrocchiale con quella salesiana. Da allora il progetto che ci guida è quello di essere sul territorio un’unica comunità cattolica, arricchita da vari carismi, che si propone a tipologie diverse di persone con proposte differenziate affinché per tutti sia visibile la presenza di Cristo. Allora le parrocchie non si identificano solo con i luoghi della parrocchia stessa (uffici, chiesa, oratori), ma come comunità di credenti che sul territorio vanno incontro alle persone condividendo il loro cammino di vita. Nella pastorale giovanile e nel servizio della caritas parrocchiale in modo particolare stiamo cercando di realizzare questo progetto».
Il quartiere vede una forte presenza giovanile, quali esperienze di coinvolgimento?
«San Salvario è un territorio ricco di giovani, di storie e situazioni diverse. È una comunità cristiana che ha fatto nella sua storia grande attenzione ai piccoli e ai giovani. Nel 1837 Carlo Alberto chiamò le suore vincenziane a farsi carico soprattutto dei figli delle prostitute, poi nel 1847 arrivò don Bosco condotto dai suoi stessi ragazzi immigrati, che sempre più numerosi affollavano Valdocco (1° oratorio), aprendo l’oratorio San Luigi (8 dicembre 1847, 2° oratorio), poi su richiesta di un benefattore aprì nel 1859 l’oratorio San Giuseppe (oggi SS. Pietro e Paolo) in via Giacosa 8 a beneficio dei figli delle famiglie residenti (4° oratorio). Da allora è inscindibile il legame tra don Bosco e i giovani in San Salvario. Il nostro progetto pastorale nasce dalla consapevolezza che esiste un’unica comunità cattolica che trova nella parrocchia il suo punto di unità, potremmo definire il suo cuore, e che ha nei due oratori le sue pupille attraverso le quali vede e incontra i giovani in modo diverso, aiutandoli ad incontrare Cristo. I due oratori non sono sovrapponibili, non sono un doppione, ma ciascuno con modi e tempi propri incontra giovani diversi. Il San Luigi caratterizzato dalla presenza di ragazzi di diverse nazionalità e religioni, il Santi Pietro e Paolo più frequentato da ragazzi che partecipano alla catechesi di tipo tradizionale. Solo insieme danno la completezza dello sguardo della nostra comunità ai giovani. Un secondo punto del nostro progetto sta nella convinzione che l’oratorio, inteso come luogo di processo relazionale finalizzato alla costruzione di un progetto di vita, è la catechesi in senso pieno. L’oratorio è l’esperienza di vita cristiana dei ragazzi. In questo ambiente si conosce Gesù Cristo e la Chiesa, si incontra il Signore con l’educazione alla preghiera, si condivide l’incontro con Cristo nella sua famiglia e, infine, si testimonia nelle scelte personali ciò in cui si crede.
La proposta dell’oratorio vale anche per i non cattolici. La via dell’educazione (in oratorio e fuori, come l’educativa di strada) è già annuncio di Cristo e di crescita in Lui, perché orientata alla formazione della coscienza di ogni ragazzo e quindi al sostegno nel costruire una identità umana sempre più completa ed integrata. Perché questo progetto pastorale possa realizzarsi necessita di avere religiosi e laici capaci di progettare e di agire insieme condividendo un percorso comune. Nei due oratori sono presenti laici volontari ed educatori professionisti impegnati ad integrare le competenze di ciascuno. La tipologia di ragazzi con particolari criticità, la collaborazione con enti pubblici nella realizzazione di progetti educativi specifici richiedono competenze adeguate. Non tutti gli educatori sono adatti per tutti i tipi di ragazzi. E non per tutti i ragazzi è possibile dedicare solo qualche ritaglio di tempo, pertanto è necessario avere personale qualificato, ma con il cuore appassionato, capace di suscitare risorse intorno a sé».
Non manca negli oratori l’attenzione allo sport, ma anche il sostegno a chi è più in difficoltà…
«Abbiamo l’asd Auxilium San Luigi che fa dello sport un’esperienza di integrazione tra fede e vita. L’educativa di strada che incontra i ragazzi al parco del Valentino con il progetto Spazio anch’io, li incontra al largo Saluzzo al venerdì sera, nelle piazze del centro. Il centro di accoglienza per minori stranieri non accompagnati che ne ospita 12 fino al compimento dei 18 anni, tutti musulmani, affidati dal comune di Torino alla mia persona. Un centro diurno aggregativo, in cui si seguono dei minori inseriti dai servizi sociali per accompagnarli nel loro cammino di crescita nell’aggregazione e nella formazione. Vari servizi che nascono da esigenze delle famiglie come il Saint Lunch (fare pranzo in oratorio alla fine della scuola perché a casa non c’è nessuno), il pedibus (educatori ed animatori vanno tutti i pomeriggi a prendere su richiesta delle famiglie i ragazzi a scuola e li accompagnano a piedi in oratorio), il doposcuola quotidiano; il progetto Provaci ancora Sam tutela integrata (scuola al mattino in oratorio per drop out), tutto il tempo e lo spazio per il gioco libero…».
Spazi dove si realizza un’integrazione soprattutto con le famiglie immigrate che in altri momenti storici e in altri contesti nel quartiere non si è attuata.
«San Salvario ha visto tanti mutamenti nel tempo. Ci sono stati tempi di grande tensione e momenti di crescita. Bisogna anche capire cosa si intende per integrazione. Abbiamo coniato uno slogan: ‘Cittadino è chi costruisce, straniero è chi distrugge’. L’appartenenza alla società torinese si misura dalla disponibilità a costruire comunità, dalla condivisione di valori fondamentali purificati da usi e costumi che ne possano incrostare la loro ricchezza. Una difficoltà grossa sta nella complessità della nostra realtà italiana a livello di valori, di identità e di appartenenza religiosa. L’educazione si dimostra come una via privilegiata per questo percorso di integrazione. Le scuole presenti sul territorio insieme con gli oratori sono luoghi di integrazione importanti capaci di costruire la nuova comunità territoriale. Il servizio della Caritas oltre a garantire assistenza propone dei corsi di formazione linguistica a vari livelli, accompagna presso agenzie formative le persone che dimostrano di avere desiderio di crescere. Nella formazione c’è una seconda via dell’integrazione».
La presenza del Tempio valdese, la Sinagoga, le moschee; come si concilia la nuova evangelizzazione e il dialogo interreligioso?
«In diverse occasioni mi sono incontrato con i responsabili o rappresentanti delle altre comunità religiose. Insieme cerchiamo di aiutare il territorio a comprendere che la crisi del nostro tempo non è solo economica ma anche etica, religiosa. Abbiamo condiviso alcuni eventi insieme cercando di testimoniare ai residenti la disponibilità al dialogo, all’incontro. Le religioni sono una risorsa all’integrazione e alla comunione, non sono motivo di guerra o di divisione. Certo l’uso della religione per altri fini genera tensioni. L’arrivo di papa Francesco al Tempio valdese sarà un’occasione importante che porterà altra forza a camminare insieme».
Testo tratto da «La Voce del Popolo» del 17 maggio 2015