L’idea è venuta in piena pandemia, da una conversazione telefonica con il parroco di Nembro, una delle località della Bergamasca più colpite dal coronavirus. Ci siamo interrogati su quale contributo potesse venire dal cinema in un momento tanto drammatico. Il progetto che abbiamo allestito vuole provare a dare, in qualche modo, una risposta». Le parole di Francesco Giraldo, segretario generale Acec (Associazione cattolica esercenti cinema), inquadrano con precisione i motivi di fondo e gli obiettivi, non solo culturali ma anche esistenziali e spirituali, sui quali è articolata.
«Oltre la notte. La perdita e il lutto nel cinema», l’iniziativa, sostenuta dall’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali della Cei, realizzata da Acec in collaborazione con Ancci (Associazione nazionale circoli cinematografici italiani) e la rivista «Filmcronache». Il grande schermo, dunque, come luogo privilegiato per ripensare la morte e rielaborare il lutto. «La società contemporanea ha confinato il senso della perdita nella sfera del privato», precisa Giraldo, «ma l’emergenza Covid-19 l’ha riconsegnato alla dimensione collettiva. I camion militari a Bergamo, così come le fosse comuni a New York, ma anche l’infermiera stremata dal turno di lavoro, sono tutte immagini che porteremo con noi a lungo. Allo stesso modo, i fotogrammi di molti film possono diventare il simulacro su cui riflettere e pensare a tematiche tanto complesse quanto irrimediabilmente vicine a noi». Partendo non dalla prospettiva del memento mori, ma da quella della meditatio vitae. «La sapienza», aggiunge Giraldo, «è meditazione non della morte ma della vita, scriveva Spinoza. Ed è proprio tale consapevolezza che muove l’intero progetto».
«Durante l’estate renderemo disponibili sul nostro sito e in anteprima su tutti i social media collegati ad Acec molti materiali di riflessione, sotto forma di saggi digitali, videorecensioni e schede di approfondimento», ha annunciato la coordinatrice del progetto, Tiziana Vox, «a ottobre, inoltre, realizzeremo una serie di incontri webinar. Ma il vero obiettivo è rappresentato dalle rassegne che ci auguriamo possano essere presto realizzate nelle nostre sale, per le quali abbiamo selezionato un catalogo tematico di quasi cinquanta titoli». Sono oltre 800, infatti, le sale della comunità Acec (e quasi un centinaio i circoli Ancci), più di 500, tra queste, svolgono attività cinematografica continuativa, impegnate in programmazione di prima visione ma anche, per l’appunto, in cartelloni di rassegne, cineforum, attività teatrali e di tipo polivalente. Sono sale (il 60% del totale) spesso concentrate in località con meno di 10 mila abitanti e nelle periferie dei grandi centri urbani: luoghi di istituzione formativa, di mediazione culturale e sociale, in grado di confrontarsi con il contesto talvolta sfuggente della contemporaneità, con le contraddizioni e gli interrogativi pressanti di oggi.
È a loro, confidando sulla riapertura ad ampio raggio dei cinema in Italia, senza contraccolpi in autunno, che è rivolto «Oltre la notte». Attraverso lo studio e l’approfondimento di grandi autori della storia del cinema e di registi contemporanei, che hanno visto coinvolti critici, studiosi e accademici come Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicoanalista, docente alla Sapienza di Roma, il progetto mette in relazione, sul fil rouge della perdita e del lutto, in forma saggistica e di schedatura analitica, le opere di Ingmar Bergman, Pier Paolo Pasolini e Terrence Malick con pellicole dell’ultimo decennio, come, tra le altre, «18 regali» di Francesco Amato, «Ride» di Valerio Mastandrea, «Tito e gli alieni» di Paola Randi, «Al Dio ignoto» di Rodolfo Bisatti.
Ma apposite videorecensioni saranno dedicate a film emblematici del passato prossimo e remoto, da «Vivere» di Arika Kurosawa a «Ordet» di Carl Theodor Dreyer, da «La doppia vita di Veronica » di Krzysztof Kieślowski a «Il sapore della ciliegia» di Abbas Kiarostami, da «La stanza del figlio» di Nanni Moretti a «Hereafter» di Clint Eastwood. La settima arte, dunque, per ricreare «la connessione emotiva con quel tessuto sociale che per mesi abbiamo dovuto perdere di vista». Il cinema, in altre parole, come «percorso di accompagnamento verso una più profonda presa di coscienza». Con la speranza, mai smarrita, di una nuova rinascita.
(testo di Paolo PERRONE da «La Voce E il Tempo» del 26 luglio 2020)
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