Quale significato ha assunto il termine “comunità” in un mondo globalizzato e allo stesso tempo centrato sull’individuo? Come si può comunicare, senza limitarsi a trasferire delle informazioni? Come restituire corpo e peso alle parole ormai svuotate del loro senso? Come gestire la comunicazione in una situazione di crisi? Liturgia e tecnologia: può una supplenza diventare ordinarietà? Sono solo alcune delle domande che hanno puntellato l’Incontro online “Comunicare una comunità in cammino”, promosso dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, che nei giorni 13, 14 e 15 luglio ha visto la partecipazione dei direttori e collaboratori degli uffici diocesani, dei corsisti Anicec e di quanti nel territorio, a vario titolo, sono impegnati sul fronte della comunicazione.
Il confronto con alcuni esperti – Nando Pagnoncelli, presidente di Ispos Italia, don Mario Castellano, direttore dell’Ufficio Liturgico Nazionale, Silvano Petrosino, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Yago de la Cierva, docente alla Pontificia Università della Santa Croce – ha stimolato la riflessione sulla necessità di ripensare la comunicazione, alla luce di quanto vissuto durante la pandemia e nel contesto attuale dei social media. A partire da un recupero del valore delle parole. “C’è un eccesso di ricorso al termine ‘comunità’, usato con accezioni diverse e spesso anche frainteso”, ha osservato Pagnoncelli che ha invitato rileggere il vocabolo nel rapporto tra “legittime aspirazioni individuali e doveri verso il gruppo”, tra “identità e consapevolezza degli ancoraggi comuni” per poter quindi promuovere una “comunicazione volta a valorizzare la ricchezza delle differenze”. “Bisogna avere il coraggio di abbandonare alcuni termini che non parlano più, individuare gli aspetti essenziali e nuovi modi per comunicarli”, gli ha fatto eco Petrosino per il quale “occorre dare parola alle ‘minuscole’, ossia ai piccoli gesti e al bene quotidiano”.
Del resto, ha ribadito Vincenzo Corrado, direttore dell’Ucs, “la comunicazione è parte integrante della persona e dunque dimensione essenziale dell’evangelizzazione e dell’azione pastorale”. Ecco perché non si può ridurla al suo aspetto tecnico: “l’uso della tecnologia ha permesso a tanti sacerdoti di farsi prossimi, di spezzare la Parola con meditazioni, lectio e catechesi”, ha spiegato don Castellano che tuttavia ha messo in guardia dal rischio di “far diventare ordinario lo straordinario”. “La liturgia – ha rilevato – nutre il corpo e ha bisogno del corpo che diventa via di accesso ad un’esperienza di incontro che trasfigura e risana”.
Nel corso dei lavori, moderati da don Domenico Beneventi, collaboratore dell’Ucs, è emersa più volte la necessità di un ritorno all’essenziale e una comunicazione efficace, in particolare nella sezione dedicata alla gestione delle situazioni di crisi. “Comunicare è una parte indispensabile della risoluzione di un problema, non un optional”, ha affermato de la Cierva, che ha presentato un piano articolato in sei tappe: convocare la squadra, pensare, decidere la posizione e formalizzarla, assumere l’iniziativa e comunicare. “In una situazione di crisi – ha avvertito – il silenzio non funziona”. Servono le parole: quelle giuste.
(Fonte: Ufficio nazionale delle Comunicazioni Sociali)
Guarda i video:
Dov’è la comunità oggi? (Nando Pagnoncelli)
Comunicazione e liturgia, situazioni di crisi, integralità pastorale (Don Mario Castellano, Yago de la Cierva, Vincenzo Corrado e don Domenico Beneventi)
Comunicazione come luogo della comunità (Silvano Petrosino)