«Che cosa c’è in un nome?»: così ha scritto Shakespeare in «Romeo e Giulietta» e probabilmente su tale domanda si soffermano anche i genitori che devono scegliere il nome del nascituro, spesso letterariamente inconsapevoli del prosieguo dell’opera del Sommo britannico che rischierebbe di vanificare ogni loro ragionamento. «Quella che noi chiamiamo rosa, anche chiamata con un’altra parola avrebbe lo stesso profumo soave». Se una volta mamma e papà erano per lo più influenzati dai nonni e da quei nomi che dettavano la discendenza, ora lo sono maggiormente dall’abbinamento con il cognome e dal suono, dai propri hobby e dalle mode.
Così, da una parte Leonardo, Francesco e Alessandro resistono da un paio di anni come i più amati in Italia, dall’altra arrivano alla ribalta Cruz e Leone come i figli di noti influencer e vip. C’è da chiedersi allora quanto valga ancora consultare quell’infinità di siti e leggere quei manuali che instancabilmente si trovano in libreria che elencano nomi, significati e interpretazioni con la pretesa di aiutare i genitori a prendere la fatidica e giusta decisione.
Fatto salvo che da tutti gli angoli della nostra diocesi ormai da anni si leva un tentativo di riflessione sul calo dei battesimi (da leggersi anche come conseguenza del minor numero di nascite, certo), anche nei registri parrocchiali fanno capolino sempre più nomi che nulla hanno a che fare con la tradizione cristiana. Da un piccolo sondaggio condotto informalmente emerge che Alessandro, Matteo, Mattia e Gabriele sono i nomi maschili più ricorrenti nell’area metropolitana, mentre nei paesi stravince Tommaso; poi accanto a questi ci sono Erik, Bryan e Daniel (di chiara origine biblica) per arrivare ai più originali Jodi e Wisdom.
Per le femmine ai primi posti in classifica quasi dappertutto c’è Sofia, seguito da Arianna, Vittoria e Simona e, un po’ a sorpresa, vediamo ancora qualche Maria; di gusto più esterofilo invece Chanel, Crystal, Isabel ed Elodì. Proprio quest’ultimo, nella versione francese Elodie, quest’anno è tra i preferiti in Gran Bretagna insieme al shakespeariano Ophelia, mentre per i maschi si contano Hugo, Albie (da Albert, anche l’abbreviazione va di moda), e Arlo, che potrebbe derivare dall’italiano Carlo e si sta imponendo nel resto del mondo anglofono.
È proprio nella vasta e multiculturale Australia che nei primi 30 posti dei registri delle nascite spicca il maggior numero di nomi di ispirazione biblica o reale, così come negli Stati Uniti d’America diversi siti per genitori consigliano di scegliere nomi legati alla Bibbia per la forte carica evocativa e il significato. Quindi, solo per citarne alcuni, troviamo Ethan, Jordan, Mary, Christian, Luke, Marcus e Grace per arrivare fino a Hope (la cui traduzione italiana Speranza da noi oggi non ha più seguito). Forse in quei Paesi vi è una maggior famigliarità con la Bibbia? In questo caso siamo un po’ come il Tommaso dei Vangeli, che se non vede non crede.
Sara BAUDUCCO da «La Voce E il Tempo» del 16 maggio 2021