«Vincitori e vinti», rubrica estiva/7

«Parola, parole e musica» di sabato 17 agosto 2024

La giornata era canicolare. Aria ferma, cielo quasi grigio. Una pesante cappa d’afa a gravare sulla gente e sulle cose. Sulle cose, più che altro: perché di gente, in giro a quell’ora di primo pomeriggio, ce n’era veramente poca. A dispetto delle piante, delle colline, insomma della campagna, il caldo la faceva da padrone. Insieme alle cicale, che concertavano monotone e incessanti nella loro colonna sonora. Vagamente incantatrici nella loro ripetitività.

Le bici le avevamo buttate vicino al bordo del sentiero, e noi ci eravamo sdraiati sotto un grande albero solenne. Ma tanta solennità di chioma non dava granché sollievo. Il sole era offuscato, di conseguenza l’ombra non era poi così refrigerante. Di odore d’erba poca traccia: piuttosto, odore di terra calda, e fieno.

Poco più in là da noi, solitaria e incongrua per come sorgeva – sembrava piantata in mezzo a quel piccolo pianoro deserto – una minuscola chiesina. Ora: uno dice chiesa, e pensa a piazza, paese, campanile al centro. Lì, il vuoto. Campi e prati. Ci avvicinammo. Era poco più di una cappella, ma completa in tutto. Facciatina. Campanilino. Portalino. Rosoncino. Oggi, sarà stata probabilmente restaurata, inclusa in una rete di edifici di culto, un qualche pannello a descriverne storia e date. Ma in quegli anni ‘70, era una chiesetta abbandonata (almeno così pareva a noi) e basta.

Nessuna scritta esplicativa, nulla. Andammo a vedere, più per ingannare il tempo che per curiosità effettiva. Sulle due pareti laterali del piccolo edificio, una per parte, due finestre armate di una robusta grata. Una, sul lato destro, chiusa da un battente di legno interno. Con un barattolo di vetro che ospitava un mazzolino vetusto di sterpi secchi, probabili fiori di campo di chissà quanto tempo prima.

La finestra dall’altro lato, era invece aperta, difesa solo dalla spessa grata. E da quella si poteva guardar dentro. Non che consentisse chissà quale esplorazione: l’edificio pareva vuoto. Ma in faccia all’apertura, di fianco alla finestra opposta, un po’ in penombra per via dello scuro chiuso, si vedeva, distintamente, un crocifisso dipinto su parete. Forse affrescato, ero un ragazzino, non saprei dire. Quello che mi ricordo distintamente, e che da allora mi è rimasto impresso, fu il volto dell’uomo lì raffigurato sulla croce. Non sofferente. Non morente. Né, tantomeno, morto. Con gli occhi aperti. A guardarti. Con un’espressione indicibilmente triste. L’autore pur nella ingenuità della pittura – non credo fosse fatta da un pennello degno di gran menzioni – quella espressione desolata, era riuscita a coglierla e a fissarla, intensamente. Il resto del crocifisso era sbiadito e finiva col confondersi con l’intonaco, o quel che era, delle pareti. Il viso, al contrario, se ne salvava, riusciva a farsi largo nel grigior di pietra e a imporsi all’attenzione.

La visita artistica finì lì, e così la pausa. Lo sferragliare delle vecchie, pesanti bici da campagna troncò rapidamente quella parentesi fuori programma. Né, in quella chiesina, sarei mai più tornato. Eppure, ogni volta che io sento utilizzare il termine “povero cristo”, da allora – son passati decenni – io rivedo perfettamente innanzi a me il crocifisso triste di quel giorno. Ogni volta che ascolto qualcuno approfondire il tema del Cristo abbandonato e solo, o del Cristo sconfitto, del Fallito della storia, sempre quella immagine mi ritorna in mente.

Naaaa, nulla di mistico. È solo il segno che si è sedimentata dentro di me, e da lì, inconsciamente, io la richiamo in causa. Anche in un’altra occasione, mi succede. Quando ascolto, nella canzone di Roberto Vecchioni, Sogna ragazzo sogna, il verso dove dice: «Lasciali dire che al mondo quelli come te perderanno sempre./ Perché hai già vinto, lo giuro, e non ti possono fare più niente».

Loro (noi) non Ti possiamo più fare niente. Tu, al contrario, puoi fare tutto. Il paradosso del Dio sconfitto, e proprio per questo, vincitore. Altro che essere solo canzonette…

Lorenzo Cuffini – collaboratore della Pastorale della Cultura

Roberto Vecchioni, Sogna ragazzo sogna: https://www.youtube.com/watch?v=4ew2dO7gLIw

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