Nonostante il gran lamentarsi sulle difficoltà nell’acquisto della casa di abitazione rispetto ai tempi d’oro delle generazioni immediatamente precedenti, il primo Rapporto Federproprietà – Censis sul settore immobiliare fotografa una realtà secondo la quale il 70,8% delle famiglie italiane è proprietario della casa in cui vive: nelle famiglie più povere la percentuale è del 55,1%, mentre sale a oltre l’83% per i ceti più ricchi.
Chiediamo, non senza sorpresa, un commento a un immobiliarista torinese, che richiede e ottiene di parlare restando anonimo. Per brevità riportiamo solo alcune delle sue considerazioni. La prima: è cambiata la tipologia delle abitazioni richieste, per via della riduzione drastica delle dimensioni dei nuclei familiari. La seconda: è cambiato il posto che si cerca. Oggi da un lato si richiede l’hinterland comodo e il verde cittadino (specie dopo il lockdown e l’avvento dello smart working), oppure l’appartamento più centrale possibile e nei nuovi quartieri riqualificati (un tempo senza mercato). La terza: crescono gli acquisti da parte di genitori maturi, che spesso investono a favore dei figli le loro “liquidazioni” a fine lavoro, mentre sono in calo le richieste di prima casa da parte di giovani coppie.
La ricchezza non manca, anzi: con differenze crescenti, se ne accumula in abbondanza. Sono mutate però preferenze e composizione del “ceto abbiente”, quello che si orienta senza problemi verso gli immobili più costosi. È in caduta libera la domanda per le grandi ville della collina, per decenni un must della “Torino che contava”, in continuità con la tradizione ottocentesca. La lontananza e l’isolamento ne scoraggiano la scelta. Al contrario, cresce la richiesta di unità centralissime, possibilmente ricavate in edifici d’epoca ristrutturati con ogni crisma della tecnologia, della domotica e del lusso ultramoderno. La tradizionale clientela torinese più danarosa (professionisti, industriali, dirigenti…) si va progressivamente riducendo: non per il rarefarsi dei patrimoni, quanto per la nuova mobilità dei nuclei familiari, spesso unipersonali, pronti a spostarsi con facilità e rapidamente di città e Paese.
Una nicchia a parte, che sfugge ad ogni regola e risponde solo al gusto individuale, senza badare a rincari di sorta, è rappresentata da un piccolo ma facoltosissimo drappello di nuovi ricchi, che sono in realtà nuovissimi, ricchissimi e difficilmente catalogabili. Rientrano fra costoro alcuni calciatori e sportivi professionisti di primissimo piano, imprenditori della finanza e dei nuovi settori economici (informatica, hi-tech, new economy…), grandi capitali stranieri provenienti da aree diversissime di mezzo mondo. Il Vej Turin di derivazione sabauda e anche la Torino della «Donna della domenica», con le sue stratificazioni sociali consolidate e riconoscibili, sono più che al tramonto. Nei fatti sono già tramontati, da un pezzo.
Lorenzo CUFFINI su «La Voce E il Tempo» dell’8 gennaio 2023