Tra le norme del regolamento del Festival di Sanremo 2023, una riguarda la durata delle canzoni in gara: i brani devono restare tassativamente sotto i 4 minuti. Un limite alla libera ispirazione degli autori? Sì, ma con buoni motivi: una disparità nei tempi potrebbe dare maggiore visibilità ai fuori misura, e, nella complicata organizzazione di ogni serata, è fondamentale essere certi del minutaggio massimo di ogni esecuzione.
Anche al di fuori della logica festivaliera, il ‘fattore tempo’ ha sempre rilevanza nelle esibizioni in pubblico. Quando organizzammo come PastCulTo il concerto SinGdone, con Marco Nieloud e la sua band, alcuni brani («Il testamento di Tito» di De André e «Hurrycane» di Bob Dylan) vennero eseguiti in forma rimaneggiata e ridotta. La durata originaria di entrambi finiva con il nuocere al ritmo dello spettacolo, e metteva a dura prova l’attenzione dello spettatore: elemento da tenere in conto se si vuole evitare il rischio sbadiglio.
Show a parte, le cose vanno diversamente? Sì, ma non troppo, mi ha spiegato Marco. La maggior parte delle canzoni, dalle più commerciali a quelle d’autore, non si discosta da una durata standard: tra i 3 e i 4 minuti. La struttura dei brani non è affidata all’improvvisazione anarchica: rientra generalmente in uno schema che prevede introduzione, strofa, ritornello, ripetizione della strofa, eventuale breve inciso strumentale, ripetizione del ritornello e conclusione. Più l’eventuale ‘ponte’ fra la strofa e il ritornello.
Questione tecnica di tempi riguarda anche pezzi tipologicamente diversi, come quelli rap/trap, basati su strutture e scansioni differenti. Poi si aggiunge il cosiddetto «tempo radiofonico», essenziale per i passaggi in radio. Billboard Hot 100, la più citata classifica per la musica pop internazionale, ha calcolato che dal 2013 al 2018 la durata media delle canzoni hit si è abbassata da 3’ e 50” a 3’ e 30’’. Il motivo? L’espansione dei servizi di musica in streaming, che considerano ‘riprodotta’ una canzone quando l’ascoltatore supera circa 30 secondi. Dunque: per 15 minuti di musica riprodotta, un artista che ha fatto cinque canzoni da 3 minuti guadagnerà di più di uno che ha fatto tre canzoni da 5 minuti.
Tutto questo detto, in alcuni casi autori e interpreti seguono l’impulso libero della creatività e generano brani di durata decisamente anomala. Basta citare i Pink Floyd, con alcuni pezzi-monstre passati alla storia come «Atom Heart Mother», che sfiora i 24 minuti, o «Shine On You Crazy Diamond», che ne dura circa 26. Oppure The Doors: «The End» protrae l’ascolto fino a quasi 12 minuti. Tra gli italiani vale la pena ricordare «La locomotiva» di Guccini (8,17), «Io se fossi Dio» di Gaber (14 minuti) e l’insolito Jovanotti di «Date al diavolo un bimbo per cena» (12 minuti). Italianissima, poi, risulta essere la canzone di musica pop più lunga del mondo secondo World Records Academy: «Apparente libertà», di Giancarlo Ferrari. Dura 76 minuti e 44 secondi.
Lorenzo CUFFINI su «La Voce E il Tempo» del 5 febbraio 2023