Ho chiesto ai curatori di questa rubrica la possibilità di utilizzare un nome di fantasia per identificarmi. Ovviamente non per motivi di sicurezza personale. Semplicemente detesto i personalismi e la mania di protagonismo. Gentilmente, me lo hanno concesso. Li ringrazio e mi firmerò dunque Domenico: nome scelto non a caso, visto che io sono qui a rivendicare orgogliosamente il mio ruolo di «cristiano della domenica».
Questo termine oggi è usato in via dispregiativa, per coloro che farebbero consistere il loro essere cristiani nell’andare alla messa domenicale, e stop. Il cattolico autentico sarebbe, all’opposto, quello che partecipa anche in tutti gli altri giorni. A che cosa? Alla vita della comunità, dicono. In pratica, a quella miriade di attività collaterali (formative?, volontaristiche? gestionali?) che punteggiano la settimana di una parrocchia e che possono assicurarti la patente di cattolico ‘impegnato’. Ma impegnato in che senso? Io sono impegnato a vivere. Rivendico il mio diritto di essere un cristiano cattolico normale e senza strombazzamenti.
Sono nato in una famiglia cattolica, ho avuto una educazione cattolica, ho assorbito delle abitudini cattoliche. Senza alcun travaglio spirituale. Ho compiuto la trafila delle tappe della mia crescita cristiana: battesimo, confessione, comunione, cresima, matrimonio, battesimo dei miei fi gli, e così via. Se si esclude una militanza calcistica all’oratorio fino alle medie, non ho mai partecipato ad alcuna attività parrocchiale né ad alcun gruppo. Non ho fatto parte del coro, non sono stato chierichetto, non ho mai letto in Chiesa durante la Messa. Non sono iscritto ad alcuna associazione, rifuggo dalle conferenze, dai gruppi biblici, dai «consigli parrocchiali». Ho partecipato sì alle riunioni organizzate per i genitori dei figli in età da catechismo, ma senza coglierne la ratio, se non quella di tenere la gente in qualche modo legata alla parrocchia. Ma con quali risultati?
Mio padre e mio nonno non avevano nemmeno idea di cosa io facessi «a catechismo», eppure io son giunto alla svolta del mezzo secolo e ho «conservato la fede». Si potrà dire lo stesso per i nostri fi gli, di cui siamo obbligati a condividere tutte le tappe del percorso di «iniziazione cristiana»? Per il momento vedo che, conseguita la cresima, si danno alla macchia e in chiesa la domenica non portano più piede. Intanto, mentre si sminuiva e si snobbava la «domenicalità», le chiese si sono progressivamente svuotate e clamorosamente invecchiate nella frequentazione dei partecipanti. Nonostante il moltiplicarsi delle attività e delle proposte, spesso un misto tra la bocciofila e un collettivo studentesco degli anni Settanta. Nonostante il fiorire del «volontariato».
Permettetemi di dire: se ciascuno di noi imparasse dal semplice andare a Messa la domenica, a occuparsi in prima persona, dei propri giovani, dei propri vecchi, dei fragili che incontra nella propria vita, tutto sto volontariato sarebbe assai meno necessario.
Domenico, in «La Voce E il Tempo» del 17 ottobre 2021