Sulla scrivania il foglio con la check list delle cose da fare prima dell’evento si è poco per volta colorato con una spunta accanto a ogni voce: scaletta definita, giornalisti e blogger locali informati, locandine appese e post sui social lanciati. Resta però da assolvere la parte fondamentale e per la verità più entusiasmante, quella che aiuta a saggiare come potrebbe andare la serata: scatenare il passaparola muovendo l’interesse.
Nonostante ciò, fino alla fine, continuano ad aleggiare due domande nella mente di chi ha le mani in pasta nella creazione di occasioni culturali: la sala si riempirà? Il pubblico si sentirà abbastanza coinvolto e interessato? Anche questo fa parte del gioco e dell’emozione che vive chi organizza eventi culturali. In città come in provincia.
Tuttavia, la parola cultura presa di per sé pare ancora intimidire un po’ in alcuni piccoli centri, forse perché nell’immaginario collettivo rimanda a con testi che possono sembrare distaccati e velati di una certa patina di serietà. Ecco perché occorre coniugare al meglio quel termine, la cui etimologia non a caso ci rimanda al latino col re, coltivare. Non basta una buona idea, conoscere bravi scrittori e interessanti relatori: è importante prestare massima attenzione alla prima fase del processo organizzativo. Per questo una cosa bella e necessaria, ma – non neghiamolo – anche un po’ faticosa, è far dialogare gruppi locali ed enti mettendoli in rete, pensare a un evento che si sposi con diverse esigenze ed aspettative per coinvolgere più persone.
Negli anni sono cresciuta nella convinzione che sia questo l’unico modo per proporre momenti di cultura in paesi di provincia e perché ciò sia possibile è indispensabile conoscere il contesto in cui ci si muove e le varie associazioni del territorio (conoscere bene, sottolineiamolo dato che oggi serpeggia qua e là l’improvvisazione; azzarderei anche vivere). Il punto decisivo è proprio creare un rapporto con il pubblico già a priori, poter incuriosire e attrarre l’interesse personale.
In grandi città alcune di queste cose risultano più difficili perché gli eventi cadono inevitabilmente in un programma di proposte più ampio. In provincia fare cultura è soprattutto creare connessioni e proseguire a coltivarle al di là dell’evento stesso per stimolare future nuove idee.
Come quella volta che un autore esperto conoscitore di alberi ha commentato le tante foto di piante del paese inviate dai cittadini su facebook per la presentazione del suo libro a tema. O come quella giornata (molto più di una serata, una bella sfida da cui sono nati rapporti che durano ancora) ideata con Comune e pro loco a cui ha partecipato una scrittrice marchigiana per incontrare la numerosa comunità di suoi compaesani: lei a scoprire il paese e le attrazioni del posto, loro a riannodare ricordi e presente.
E se il pubblico non risponde come si pensava? È possibile, è successo, le variabili sono tante. Allora quella piantina chiamata «cultura» si può raddrizzare e curare con costanza perché cresca più forte.
Sara BAUDUCCO su «La Voce E il Tempo» del 13 febbraio 2022