In un mondo editoriale che registra un crescente numero di libri immessi sul mercato, esiste un fenomeno per cui alcuni scelgono di far scrivere la propria opera da uno scrittore professionista, la cui identità resta segreta al lettore, che viene definito ghostwriter (dall’inglese, scrittore fantasma). Ne abbiamo parlato con il torinese Massimo Tallone, autore di cui ricordiamo «La tentazione di uccidere» e «Lezioni di lusso e immor(t)alità».
Chi sono i tuoi clienti?
Ho due tipi di clienti. Il primo è l’industriale con un bel passato che non ha tempo o competenze per scrivere la propria autobiografia e allora la affida a me, ma alla fine il libro risulta firmato da lui. È successo anche che qualcuno abbia infine voluto mettere il mio nome, in questo caso il mio lavoro non resta nascosto ma divento biografo. Il secondo tipo di cliente è il giornalista pieno di lavoro che amerebbe scrivere un romanzo ma non riesce, quindi mi dà una ventina di pagine con una trama non sviluppata su cui lavoro io. Tutti mi dicono che non hanno tempo. Se anche ci sono belle idee, manca la forza del narratore. Sono persone che vogliono coccolare l’ambizione perché la parola scrittore è più affascinante. Dovessi fare una sorta di identikit di chi mi commissiona il lavoro, direi che le opere di narrativa mi sono richieste per lo più da persone sotto i 50 anni, chi è più in là con gli anni in genere commissiona la propria biografia.
Quali caratteristiche deve avere un ghostwriter?
Non sostituirsi con il proprio stile al cliente. Occorre capire il suo modo di parlare e la mentalità per non inserire elementi che stonerebbero con la sua persona. Trascorro del tempo con il committente, parliamo molto perché devo capire: usando un paragone, loro mi danno gli ingredienti e io preparo il piatto. Qualcuno mi ha dato anche la scansione dei vari capitoli e allora io ho reso il tutto più appetibile. Ho un metodo ben preciso, prima si discute insieme delle varie caratteristiche stilistiche e ogni due capitoli mando il lavoro al cliente per fare il punto.
Noti un’evoluzione, nel tempo, di queste richieste?
Negli ultimi anni sono aumentate, è cresciuto il desiderio di essere pubblicati. Siamo sull’onda lunga dell’ipernarcisismo per cui tutti vogliono emergere, un fenomeno che è cresciuto parallelamente ai casting per tante trasmissioni televisive. C’è un’iperproduzione di doping dell’io in tutto l’Occidente.
Come ghostwriter, cosa ti piace maggiormente scrivere?
Un romanzo è più semplice, ma la biografia è umanamente più bella perché devi andare in profondità. Alcune biografie che ho scritto sono state stampate in poche copie solamente per la famiglia del committente: forse se avessero tenuto un diario non avrebbero avuto bisogno di me. Succede che qualcuno si commuova leggendo il libro finito. Per me è un lavoro, una volta concluso non mi sento più coinvolto emotivamente con l’opera scritta perché l’idea non l’ho concepita io. Mi definisco un professionista della scrittura. Altro discorso per i miei libri, che seguo con passione anche quando prendono il largo tra i lettori.
Sara BAUDUCCO su «La Voce E il Tempo» del 4 dicembre 2022