No: non è un riferimento al tempo impazzito, quello che determina estati semitropicali e improvvise irruzioni autunnali nel volgere di qualche ora. Si tratta di un verso da un lontano motivetto vacanziero – Luglio, cantato da Riccardo Del Turco – vincitore del remotissimo Disco per l’estate edizione 1968. A proposito: nulla pare più lontano dal Sessantotto di questo brano tradizionale e scacciapensieri. E comunque il successo di quella stagione e le varie traduzioni in giro per il mondo non spiegherebbero il fatto che ancora oggi la canzoncina sia popolare e canticchiata in trasversale. Il merito è della pubblicità, che l’ha rispolverata come soundtrack di uno spot che va per la maggiore, e… voilà, il gioco è fatto, la popolarità come d’incanto rinverdita.
Il verso, ad ogni modo, è bello: «Luglio si veste di novembre». E perché mai? Risposta: «se tu non sei con me». Traduzione: l’estate si veste a lutto, senza di te. Non è solo bello, ma anche vero. Una esperienza che tutti abbiamo fatto nella vita, e che continueremo a fare. L’estate, e le vacanze con cui la si identifica, sono quasi sempre il momento dorato dell’anno, il periodo atteso e sognato, quello che maggiormente ci soddisfa. Eppure, in determinate circostanze, si può rovesciare nell’esatto contrario. Da festa a dramma. Da gioia a tristezza. Da spensieratezza ad angoscia. Da luglio a novembre, appunto. Questo può accadere per fatti differenti, ma per tutti possiamo identificare un unico denominatore comune: l’assenza. Di qualcosa, o di qualcuno. È quello l’elemento dirimente.
Il finire di una storia. La lontananza di una persona. La perdita di un lavoro. La mancanza di una casa. E poi, a salire, i vuoti. Quelli temporanei, aperti dalla sofferenza di chi ci sta accanto. Dalle malattie. Dagli incidenti. Fino ad arrivare a quelli irreparabili: le morti. Solo a nominarla, tutta roba poco, pochissimo vacanziera. Talmente lontana, che chi si trova ad averla vissuta suo malgrado, si è sentito prima di tutto un alieno, nel mondo della vacanza, che sperimenta essergli diventato completamente estraneo, non condividendone più spirito, finalità, atmosfera e vita. È questo senso di solitudine, violento e incomunicabile a chi non lo prova, che si vive innanzitutto. Poi possono arrivare il rifiuto, la rabbia, l’insofferenza, la tristezza, la depressione, la disperazione. Essendo le assenze diverse, per natura, durata e intensità, diverse possono essere le risposte indotte in chi le vive.
Una, molto particolare, la troviamo anche nella Scrittura: «Si fermarono, col volto triste» e raccontarono «tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute».
I due di Emmaus, con il loro volto triste, non si ricordano nemmeno di avere appena trascorso la Pasqua di quell’anno. Quante ne avranno festeggiate, in vita loro, prima di quell’ultima? Ma quella volta, niente: la festa non vene nemmeno nominata: spenti gli occhi, finita la speranza, chiuso l’orizzonte. Luglio, anche per loro, si è vestito di novembre. Tutto è diventato estraneo, tutto ha perso interesse e significato: «ho tanto freddo al cuore se tu non sei con me»…
Non capiscono con chi stanno parlando, ma intuiscono qualcosa: «resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». E quando si apriranno loro gli occhi, eccoli a dirsi l’un l’altro: «non ci ardeva forse il cuore nel petto, mentre conversava con noi lungo il cammino?».
Ardeva, ardeva. Ho ritrovato il sole, non ho più freddo al cuore, perché Tu sei con me. «Luglio, col bene che Ti voglio».
Lorenzo Cuffini – collaboratore della Pastorale della Cultura
Riccardo Del Turco, Luglio: https://www.youtube.com/watch?v=9CrshXOv4ck