Se per Natale avete messo da parte qualche soldino da investire in libri religiosi, il primo suggerimento che provo ad avanzare è la traduzione in lingua italiana di un’opera collettiva di un nutrito gruppo di studiosi ebrei che hanno commentato il Nuovo Testamento. Ad una decina d’anni dall’edizione originale e in occasione della seconda edizione riveduta, l’editrice Queriniana ha coraggiosamente tradotto «Il Nuovo Testamento letto dagli Ebrei», a cura di A.J. Levine e M.Z. Brettler (pp. 976, euro 120). In un momento in cui il dialogo ebraico-cristiano è entrato in crisi per le diverse valutazioni sulla guerra in corso, conoscersi meglio è quanto mai opportuno. Quest’opera è composta per la maggior parte dal testo e commento del NT che chiaramente presenta il punto di vista dei ‘destinatari originali’ di questi scritti e quindi offrono prospettive inconsuete per noi cristiani che possono portarci a riscoprire alcuni aspetti trascurati dei testi sacri. L’ambiente di origine è fondamentale per interpretare i testi e personalmente ritengo che la parte più interessante sono gli approfondimenti che vengono dedicati ad alcuni temi specifici. Il lettore medio non ha molta dimestichezza con le figure di Melchisedek e di Balaam e qui troverà le informazioni per comprendere il significato che hanno assunto nella ricezione della Bibbia dopo la loro comparsa molto marginale nella Scrittura.
In questi anni di pontificato, papa Francesco ci ha sorpresi più volte invitandoci alla (ri)scoperta di figure spirituali sovente accantonate e ignorate per svariate ragioni. Più volte ha fatto riferimento nelle sue catechesi a Charles de Foucauld, che ha elevato agli altari con la recente canonizzazione, ma ancor più inatteso è stato il rimando a Dorothy Day durante il discorso al Congresso degli Usa nel settembre del 2015. Naturale conseguenza è la sua prefazione al volume autobiografico da poco pubblicato dalla LEV, «Ho trovato Dio attraverso i suoi poveri» (pp. 176, euro 17). Ad essere precisi, non si tratta di una vera e propria autobiografia, ma, come esprime l’autrice stessa, è il racconto del susseguirsi di eventi che l’hanno condotta ai piedi di Gesù. L’aspetto più interessante di questa testimonianza è che parla del bene che ha incontrato negli ambienti che rifiutano Dio. La trama, quindi, non si estende fino alla fondazione del Catholic worker movement, ma si limita agli esordi del suo stare in mezzo ai lavoratori nel pieno della crisi suscitata dalla Grande Depressione. Una conversione che matura in Dorothy leggendo la Bibbia, e i salmi in particolare, durante le sue detenzioni in seguito agli scioperi. Un impegno sociale che non si dissocia da una profonda sensibilità mistica che riassume in questi termini: «È stato l’amore umano che mi ha aiutato a capire l’amore divino».
Restando nell’ambito delle grandi figure spirituali femminili del secolo scorso, annotiamo con piacere la pubblicazione del diario di Adriana Zarri tra il 1936 e il 1948. Sono gli anni giovanili di questa teologa che ha sempre stupito per le sue scelte, la vita eremitica e le apparizioni in televisione a sostegno dei diritti delle donne. Le pagine ora pubblicate ci riportano alle origini del suo percorso e il titolo poetico «La mia voce sa ancora di stelle» (Einaudi, pp. 290, euro 20) rimarca la vena lirica che accompagna larga parte della sua produzione letteraria. Come tutti i diari spirituali, certe espressioni sono segnate dalla mistica del momento, ma la lucida razionalità della Zarri non si lascia ingabbiare nel mieloso e si confronta con la durezza della realtà: «Qualche anno fa, pensando all’eventualità della vita religiosa, credevo che l’obbedienza non mi sarebbe costata. Come mi conoscevo male!». La grande schiettezza con cui si esprime a proposito della sua vocazione non ci può lasciare indifferenti e suscita un moto di spontanea simpatia: «Non so se ti amo o se mi amo, se seguo Te o un’illusione di Te: una sola cosa so: che qualunque cosa mi chiedessi io la farei».
Concludiamo la rassegna con un titolo che può essere un ottimo suggerimento per il regalo dell’ultimo momento. «Albe di speranza» (Qiqajon, pp. 205, euro 20) è l’ultima pubblicazione disponibile della prolifica autrice Lytta Basset, che si è spesso cimentata con argomenti complessi affrontati nella prospettiva biblica e psicologica (la rabbia, il lutto, la violenza, ecc.). Diverse di queste pagine hanno il sapore natalizio dei racconti dell’infanzia dei Vangeli, ma tutto il libro è ricco di spunti e suggestioni. La Basset sa coniugare bene la competenza nella Scrittura con il lato esistenziale, fortificata dai traumi di una vita segnata da grandi esperienze di dolore che tuttavia non l’hanno portata a rinnegare la fede ma a rileggerla in categorie meno ingenue. E anche questo testo non indulge certo alla banalità del ‘già detto’ e del ‘già fatto’, ma invita ad aprirsi all’avventura del ricominciare.
Gian Luca CARREGA «La Voce E il Tempo» del 17 dicembre 2023