Comunità educante, si riparte da qui

In piena sintonia con la preparazione al Sinodo dei Vescovi sui giovani, la nostra Diocesi trova le tappe del suo cammino nelle priorità indicate dall’ultima Lettera Pastorale dell’Arcivescovo, «Maestro, dove abiti?». Come si è più volte ribadito, non si tratta di un programma da svolgere nell’arco di un anno, ma di linee guida su cui lavorare con il discernimento, mettendo a fuoco le esigenze che ogni singola realtà del territorio percepisce come proprie necessità in vista della pastorale giovanile maturata nel Sinodo dei Giovani e nell’Assemblea diocesana. In queste settimane, gli interventi a più voci sul nostro giornale diocesano vorrebbero accompagnare i lavori della Consulta diocesana e contribuire all’approfondimento della Lettera Pastorale.

La prima delle priorità, oggetto di discussione della Consulta di sabato 13 gennaio, riguarda la Comunità educante. Essa è indicata al termine del primo capitolo della Lettera Pastorale, dedicato al «legame della comunità».

Per comunità educante si intende l’insieme delle cure educative che già operano nei vari ambiti pastorali della comunità, con le distinte fasce di età (bambini, ragazzi, adolescenti e giovani) e nei diversi ambienti del territorio (cfr. Destare la Vita, n. 5.1). Il termine di per sé ha innanzitutto un riferimento immediato alla società civile, ma è utilizzato anche in ambito ecclesiale, in relazioni alle nostre comunità, dove è chiamata a coinvolgere e valorizzare i giovani, la loro unicità e il loro essere in cammino, in una concreta esperienza umana e cristiana.

Si è costantemente sottolineato come non si tratti di proporre ulteriori sovrastrutture all’organigramma parrocchiale o di Unità Pastorale, ma di rinnovare la cura dei legami all’interno delle nostre comunità: con la famiglia, gli adulti e gli anziani, i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose, gli educatori e gli animatori. E questa cura dei legami dovrebbe estendersi anche al di fuori della comunità, con un’attenzione al territorio.

«Dai dibattiti dell’Assemblea – scrive in proposito l’Arcivescovo – è invece emersa la carenza di un’ampia e reale «rete educativa» che coinvolga le nostre comunità, sia interna che esterna. Sono certamente presenti vivaci esperienze di autentiche e articolate alleanze educative tra parrocchie, Oratori e agenzie educative del territorio, ma esse risultano essere delle eccezioni piuttosto che una prassi consolidata. Sono innegabili le oggettive difficoltà, che trascendono l’ambito ecclesiale. Persiste, però, necessità di tessere relazioni educative di prossimità, non solo all’interno della propria realtà ma anche all’esterno: con le altre comunità del territorio, dell’Unità Pastorale e con le figure di riferimento negli ambienti di vita dei giovani. Tali relazioni educative dovrebbero essere allargate dalla singola parrocchia o realtà ecclesiale alle altre componenti della Chiesa che abitano uno stesso territorio, una Unità Pastorale in particolare. Si parla spesso di «rete educativa», ma non si ha poi il coraggio o la volontà di attivarla in concreto, superando l’autoreferenzialità stagnante che impedisce di sviluppare quelle necessarie reti educative ad intra e ad extra della Chiesa (es. verso le scuole, le associazioni sportive, i gruppi civili di volontariato, ecc.)» (Mons. Cesare Nosiglia, Maestro dove abiti?, pag. 16).

Si può facilmente intuire come, prima di ogni programma fatto a tavolino e di ogni orientamento pastorale astratto e che non parta dal coinvolgimento di ogni membro della comunità, sia innanzitutto necessario avere cura dei legami della comunità, soprattutto quelli tra le varie figure educative.

«Parlare di comunità educante non significa certo demandare alla comunità la responsabilità di educare, ma piuttosto riconoscere che vi è una responsabilità diffusa verso le giovani generazioni e che tale responsabilità viene assunta dalla forza e dalla qualità dei legami che tengono insieme una comunità» facendo riferimento «a tutti i soggetti che sono parte di un contesto umano e ai legami che possono stabilirsi tra di loro. Legami che non sono necessariamente spontanei, ma scelti, voluti, costruiti con pazienza, senza deleghe, in modo che ciascuno resti se stesso, facendo la sua parte, cercando e offrendo maggiore forza attraverso le relazioni che stabilisce» (Paola Bignardi, Costruire una comunità educante, in Note di Pastorale Giovanile).

Ecco perché Mons. Nosiglia ha indicato nel «legame» la prima delle tre dimensioni della Pastorale Giovanile (insieme a «cura» e «dono»). «Si costruisce comunità attraverso la pazienza dei legami: questo vale per la comunità cristiana come per la società civile. Vale anche per l’insieme dei soggetti che hanno la responsabilità di educare». È tanto più urgente oggi, per cui deve crescere una mentalità condivisa per cui «tutti coloro che hanno una responsabilità educativa escano dal proprio isolamento e dalla presunzione di potercela fare da soli e inizino a costruire dei ponti verso gli altri che concorrono all’educazione degli stessi ragazzi. È possibile dar vita ad un’alleanza tra diversi soggetti, tale che li coinvolga insieme nel ridare valore all’educazione, perché si superi l’attuale crisi e non si lascino sole le nuove generazioni nella fatica di crescere?

Un’alleanza per fare che cosa? Per condividere le coordinate di un nuovo progetto educativo, per questo tempo; per dare maggiore coerenza all’azione educativa; per valorizzare e rendere consapevole la funzione educativa diffusa; per offrire ai giovani e ai ragazzi nuovi luoghi e occasioni per crescere e per abitare la propria casa e la propria città» (Ib.).

Prima di ogni altra proposta o attività che riguardi le giovani generazioni, la Pastorale Giovanile parte (o può ripartire) dalla paziente tessitura di questi legami. Ed è innanzitutto in questi legami che il Vangelo può imprimere la sua forza e la sua forma, trasformandoli e rendendoli il primo segno della presenza di Dio in mezzo ai giovani. Perché davvero solo l’Amore lascia il segno.

don Luca RAMELLO

 

 

 

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