Le esperienze tragiche di questi mesi di corona-virus ci hanno offerto alcune “istantanee” sull’esperienza del morire e dell’accompagnare alla morte che interpellano la pratica cattolica dell’accompagnamento dei moribondi, della sepoltura dei defunti e della consolazione degli afflitti: pratiche che appartengono al dna testimoniale della religione cristiana. Sono istantanee che si posano su dimensioni importanti, rivelatesi nient’affatto garantite: morire non da soli, salutare i propri cari, celebrare l’ultimo addio.
Questo virus che isola i morenti nei reparti di terapia intensiva piuttosto che nelle RSA chiuse ad ogni contatto ci ha fatto parlare di crudeltà e brutalità: il fatto di non potersi più salutare, tenersi per mano, accompagnarsi, guardarsi negli occhi, è come un morire prima della morte. Ai più fortunati è stato possibile congedarsi con una videochiamata, che consegna alla tecnologia la capacità sorprendente di umanizzare l’evento del morire, donando un momento di conforto, nel cuore dello strazio.
Questo virus, che nasconde i volti dietro mascherine e caschi di ventilazione, nasconde in molti casi anche il corpo stesso del defunto. Quando va male, i familiari non vedono più nemmeno la salma, che non viene vestita, ma avvolta in un tessuto disinfettante e immediatamente chiusa nel feretro. L’isolamento si è amplificato con l’impossibilità della cerimonia funebre. Anche in questo caso, la tecnologia ha cercato di ovviare in qualche modo all’avvilimento totale: qualche agenzia funebre proponeva di accompagnare il distacco al cimitero con la ripresa diretta delle immagini; altri si sono attrezzati per offrire veri e propri funerali sui social: ricordi del defunto, un commiato preparato dal sacerdote, preghiere condivise. Alcune pagine dei giornali – soprattutto nella cronaca locale – hanno dedicato una pagina quotidiana per ricordare i volti, i nomi, le vite dei deceduti di covid-19, a contrastare la freddezza delle statistiche e dei numeri offerti dai bollettini della protezione civile.
Che cosa abbiamo imparato da tutto questo, che cosa abbiamo offerto in risposta a tanto strazio? Nonostante la morte, da tempo, soprattutto nelle grandi città, non sia più “quella di una volta”, ci siamo confermati di quanto sia disumanizzante isolare la morte e soffocare il lutto, di quanto siano necessari i riti per manifestare l’affetto e offrire un senso di fede, di quanto sia importante accompagnare le diverse tappe delle esequie nel segno della pietà e nella cura verso ogni singola persona e di quanto tutto questo non sia affatto scontato anche nella normalità della vita, lontana dal virus.
Ora che possiamo tornare a celebrare i funerali nelle nostre chiese, possiamo porre alcune attenzioni particolari. La prima è quella di fare il nostro meglio perché, pur nelle limitazioni previste – non più di 15, alla giusta distanza, con le protezioni necessarie – si possa celebrare il momento doloroso del distacco come un passaggio pasquale dalla morte alla vita. Una ministerialità minima sarà necessaria per garantire quel servizio liturgico, di canto, musica, preghiera, adeguato e personalizzato alle diverse situazioni. Anche la forma celebrativa, che può essere quella della Liturgia della Parola senza la Comunione eucaristica, oppure delle esequie nell’Eucaristia, sarà particolarmente attenta soprattutto a quelle situazioni più dolorose, nelle quali non è stato possibile un ultimo saluto. Quando poi si potrà tornare a celebrare l’Eucaristia nei giorni feriali e festivi, sarà importante prestare una attenzione particolare a quelle situazioni in cui non è stato possibile celebrare alcun rito, evitando in ogni modo le memorie cumulative dei defunti. Se qualcosa ci sta insegnando questa tragedia di morti senza alcun saluto, è quella di una sensibilità ancora più grande verso ogni singola storia, da custodire e affidare a Dio.
Don Paolo Tomatis – Direttore Ufficio Liturgico Diocesano
Leggi le disposizioni del Vescovo dell’1 maggio 2020 per la celebrazione in chiesa o preferibilmente all’aperto: Celebrazione dei funerali: Nota di mons. Nosiglia
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Con il riavvio delle celebrazioni con il popolo, a partire da lunedì 18 maggio p.v. , nel rispetto della normativa sanitaria disposta per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2, il Presidente della CEI, Cardinale Gualtiero Bassetti e il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte insieme al Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese hanno firmato il Protocollo con le indicazioni delle misure da ottemperare concernenti l’accesso ai luoghi di culto in occasione di celebrazioni liturgiche; l’igienizzazione dei luoghi e degli oggetti; le attenzioni da osservare nelle celebrazioni liturgiche e nei sacramenti; la comunicazione da predisporre per i fedeli, nonché alcuni suggerimenti generali.
Nel predisporre il testo si è puntato a tenere unite le esigenze di tutela della salute pubblica con indicazioni accessibili e fruibili da ogni comunità ecclesiale. Per scaricare il Protocollo clicca qui