XII. Tempo di Pasqua

 La cinquantina pasquale, il laetissimum spatium della gioia, è un invito a riscoprire l’importanza della festa per la vita cristiana. Sì, anche la festa fa parte dei fondamentali della vita cristiana, nella misura in cui riconduce alle sorgenti sacre della nostra vita. Così nella “settimana di settimane”, che prolunga per 50 giorni la gioia della Pasqua, la festa chiede di dilatarsi, dalla chiesa alle strade, dalle iniziative ordinarie a quelle straordinarie, dal tempo della semina al tempo della raccolta. Il riferimento alla Pentecoste come festa ebraica delle primizie e della mietitura è un invito a raccogliere quanto si è seminato lungo l’anno: per questo motivo, è il tempo per eccellenza per la celebrazione comunitaria dei sacramenti (dall’iniziazione cristiana ai matrimoni), e più in generale per la festa della comunità.
L’attenzione va anzitutto all’Eucaristia domenicale della comunità, perché sia nel segno della gioia del risorto e nello spirito delle prime comunità cristiane. La comunità parrocchiale ha speso molte energie nelle attività della Quaresima: il rischio è di spegnersi sul più bello. Da qui l’opportunità di proporre in questo tempo alcune “domeniche esemplari”: si tratta di sottolineare con piccoli segni, la domenica come giorno della famiglia, della comunità, del creato, della carità. Un’attenta regia saprà al proposito coordinare l’unità tra il momento liturgico e le proposte comunitarie extraliturgiche, facendo molta attenzione a non fare della liturgia un semplice contenitore delle nostre iniziative pastorali.
La bellezza di celebrare i battesimi e le cresime, la prima partecipazione all’Eucaristia e i matrimoni, gli anniversari delle nozze e la festa patronale, deve stare attenta a non appesantire la grazia dell’Eucaristia domenicale con troppi inserti, vigilando sull’inevitabile tensione che può crearsi in alcune occasioni tra la comunità abituale e gli ospiti occasionali, presenti per la celebrazione dei sacramenti. È una tensione da gestire bene, con equilibrio, per evitare i rischi opposti della chiusura e dell’apertura indiscriminata: da qui il necessario discernimento sui casi in cui è bene celebrare i sacramenti (battesimo dei bambini, prime comunioni, cresima, unzione dei malati) nella messa della comunità.
L’opportunità di coniugare “la festa” della comunità con “le feste” delle famiglie poggia sulla convinzione che la celebrazione è il cuore della festa è la festa è la vocazione del rito. Dalla sorgente e dal culmine dell’Eucaristia sgorga un intenso programma di iniziative che prevede le diverse dimensioni della festa: il gioco e il movimento, la danza e lo spettacolo, la processione liturgica e la corsa per le vie del quartiere, il pasto di condivisione e la parola di riflessione… La festa non costituisce più l’occasione e la scusa per “fare delle cose” che coinvolgano vicini e lontani: la festa diventa l’incontro dei sensi con il senso pasquale della vita; il luogo in cui la vita è evangelizzata a partire dai bisogni e dai desideri del cuore; il tempo nel quale il vangelo è incarnato in una promessa di vita che non mette tra parentesi le cose della terra, ma lascia intravedere, alla luce di un cielo più alto, il tempo dei fiori e dei frutti.
 
Don Paolo Tomatis
 
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