Ha fatto scalpore la notizia di qualche settimana fa di una diocesi italiana, quella di Bozen-Brixen (Bolzano- Bressanone), che ha aperto la possibilità a membri del popolo di Dio (laici, religiosi) opportunamente preparati e incaricati di guidare le esequie cristiane. Laici che celebrano i funerali: ma si può? La notizia è stata accolta con interesse soprattutto da alcuni sacerdoti della nostra diocesi particolarmente impegnati in questo delicato ministero: in alcune parrocchie il numero dei funerali sfiora il numero di 200 esequie all’anno. Vi sono sacerdoti e diaconi che non riescono a vivere questo aspetto del ministero da «funzionari» del sacro, ma investono energie di tempo e coinvolgimento personale che generano stanchezza e senso di oppressione. Ben venga, essi dicono, la possibilità di condividere questo ministero così delicato.
La decisione del Vescovo altoatesino, supportata dal richiamo del sinodo diocesano a coinvolgere i laici nella cura delle celebrazioni liturgiche, può contare solo impropriamente sul fatto che la diocesi di Bolzano-Bressanone è bilingue e dunque fa riferimento ai rituali germanofoni (Germania, Austria), che prevedono esplicitamente, già da tempo, questa possibilità. In questione non è solo la supplenza dei sacerdoti nella guida delle esequie nella forma della Liturgia della Parola, ma anche la risposta a situazioni crescenti di transito diretto dall’ospedale o dalla casa al luogo della cremazione, senza passare dalla chiesa. Da qui la necessità di persone preparate per offrire in questi luoghi un rito del commiato religioso e non semplicemente laico, come offerto dalle agenzie funebri o dei servizi legati alle sale del commiato. Chi grida alla protestantizzazione del rito delle esequie deve ricordare che non siamo di fronte ad un sacramento, ma ad una liturgia che fa parte dei cosiddetti sacramentali. Quanto alla mancanza della Messa, sino alla riforma liturgica del Vaticano II era la norma la celebrazione delle esequie senza la Messa. La difficoltà, come si può intuire, non è tanto quella di preparare laici in grado di svolgere questo servizio: la nostra diocesi, a questo proposito, da anni si sta muovendo per formare equipes dei funerali o della consolazione. La difficoltà più grande è quella di formare il popolo di Dio, le famiglie, perché non considerino tale rito come un funerale di serie B e perché accolgano i ministri laici come veri ministri deputati dalla Chiesa a questo incarico. Intanto il fatto che in occasione dell’approvazione della nuova edizione del Rito delle Esequie (2011) i Vescovi italiani avessero escluso questa ipotesi rende problematica la decisione della diocesi di Bolzano-Bressanone, che fino a prova contraria appartiene alla Conferenza episcopale italiana. L’indicazione del canone 530 del Codice di Diritto canonico che considera la celebrazione dei funerali tra le funzioni affidate in modo speciale al parroco non impedisce di per sé la possibilità di una delega per determinate situazioni. Tuttavia rimane da osservare la norma presente nel Rituale delle Esequie (Premesse generali, 22d) che affida alle Conferenze episcopali e non al singolo Vescovo «stabilire se deputare i laici per la celebrazione delle esequie». Sono passati una decina di anni da quella decisione dei Vescovi e niente impedisce loro di rimetterla in questione, in ascolto dei veloci mutamenti in atto nelle nostre chiese. Nel frattempo possiamo continuare ad impegnarci per una condivisione sempre più ampia, all’interno della comunità, dei diversi servizi liturgici che accompagnano le tappe del rito funebre.
don Paolo TOMATIS