IV. I riti di accoglienza nelle esequie cristiane

Con questo articolo, proponiamo una rilettura pastorale-liturgica dell’attuale rito delle esequie, evidenziando, in particolare, i «gesti» e «le parole» che ruotano attorno al «corpo» del defunto.
La situazione è quasi paradossale: da una parte, la «presenza» del corpo del defunto nella chiesa, dall’altra, i riti che segnano la sua assenza da questa vita.
Il rituale, infatti, può essere vissuto come «rito di passaggio» da una presenza ad un’altra. I familiari e gli amici presenti, attraverso questo momento liturgico, sono aiutati a vivere la separazione dal defunto. Nel passato, la morte di una persona cara avviava una serie di gesti attorno al corpo del defunto: il radunarsi dei familiari accanto al letto per vegliare il trapasso, l’ascolto delle ultime volontà a volte a forma di testamento o di raccomandazioni, (spesso i morenti si congedavano benedicendo i familiari), il bacio del crocifisso, la preghiera incessante, la chiusura della bocca e degli occhi, il lavaggio e la vestizione del corpo, il suono delle campane, ecc.
Gesti che esprimevano l’affetto e che segnavano il congedo dalla persona cara.
Oggi, questa «ritualità» domestica non esiste quasi più, sostituita da apposite agenzie specializzate. Se da una parte, sembra facilitare i familiari, d’altro canto impedisce ai presenti di vivere la realtà della morte. Il rito delle esequie, resta in molti casi, l’unico luogo in cui è possibile compiere questo commiato, è necessario pertanto scegliere con attenzione e cura i gesti e le parole e adattare il rito ai diversi contesti.
Per coloro che sono illuminati dalla fede, il rito delle esequie segna la fina di una presenza, ma l’inizio di una diversa comunione di vita, per coloro che non credono, o sono poco praticanti, il rito acquista più il valore di un momento di separazione dal corpo del defunto. In ogni caso, l’accoglienza alla porta della chiesa, è una soglia, che segna l’inizio di un passaggio.
– Primo momento: accoglienza della salma alla porta della Chiesa:
Abitualmente, questo costituisce l’inizio del rito delle esequie. Il sacerdote è invitato a rivolgere un saluto, ad aspergere la salma e recitare una orazione che avvia la processione di ingresso.
Spesso, questo primo momento rischia di svolgersi in modo affrettato, sia a causa delle esigenze delle pompe funebri, sia per l’affollarsi dei parenti e amici attorno ai familiari.
Il saluto ai familiari prevede una conoscenza della vita del defunto: la sua condizione umana, il suo rapporto con la fede, la causa della sua morte. Come raccomanda il rituale francese delle esequie: a coloro che si presentano con il loro lutto, il momento dell’accoglienza, senza che ne abbiano necessariamente coscienza, rivela qualcosa dell’accoglienza che Dio ha riservato al defunto… Colui che «apre le porte» alla famiglia in lutto deve manifestare un Dio largamente aperto a tutti coloro che sono nella sofferenza.
Spesso, più che le parole, ad accogliere è il gesto, lo sguardo, il tono della voce. È necessario, per tanto, saper esercitare il ministero della compassione. («Il sacerdote rivolge ai familiari parole di fraterna comprensione che rechino loro il conforto della fede cristiana» Rituale delle esequie n° 49).
Segue l’aspersione della bara, che può essere introdotta da una semplice monizione che ne illumina il significato: l’aspersione con quest’acqua ci ricorda che nel battesimo Dio ha amato e chiamato per nome questo fratello/questa sorella, alla dignità di Figlio di Dio, erede della sua stessa vita divina.
Il momento dell’accoglienza si chiude con una preghiera (vedi rituale n° 51.52) che avvia la processione accompagnata dal canto di ingresso.
 
 
 
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