“Siamo esortati a cantare al Signore un canto nuovo. L’uomo nuovo conosce il canto nuovo. Il cantare è un segno di letizia e, se consideriamo la cosa più attentamente, anche espressione di amore!” (Agostino, discorso sul salmo 149).
È noto che i modi e le forme della preghiera con cui l’uomo si rivolge a Dio sono molto vari: ma è pur vero che fra tutte le formule di orazione godono il primato quelle suggerite da Dio stesso, e perciò tutte quelle invocazioni, suppliche, riflessioni, voci di dolore o di gioia, che la Parola del Signore ha consegnato all’uomo attraverso la Bibbia.
Tale appunto è il Salterio, collezione poetica di quei 150 salmi e inni, sgorgati dall’anima religiosa ebraica mentre si dialogava con Dio.
I salmi non sono letture, né preghiere scritte in prosa, ma poemi di lode. Quindi anche se talvolta fossero stati eseguiti come letture, tuttavia, in ragione del loro genere letterario, giustamente furono detti dagli ebrei «Tehillim», cioè «cantici di lode» e dai greci «psalmoi» cioè «cantici da eseguire al suono del salterio». In verità, infatti, tutti i salmi hanno un certo carattere musicale, che ne determina la forma di esecuzione più consona. Per cui anche se il salmo viene recitato senza canto, anzi da uno solo e in silenzio, deve sempre conservare il suo carattere musicale: esso offre certo un testo di preghiera alla mente dei fedeli, tuttavia tende più a muovere il cuore di quanti lo cantano, lo ascoltano e magari lo eseguono con «il salterio e la cetra». (PNLO n.103)
Probabilmente, segnò l’inizio della cantillazione della Parola e quindi dei salmi, un fatto puramente fisico necessitato dal bisogno di far pervenire il messaggio divino a una cerchia vasta di uditori presenti in un ampio spazio. La semplice pronuncia parlata non permetteva ad un discorso di raggiungere lunghe distanze. Il gridare ad alta voce distorceva i suoni e rendeva incomprensibile il messaggio. Di qui la scoperta di un tono di voce che canta il parlato su una corda di recita ricca di armonici che permettono alla voce stessa di correre e raggiungere un vasto uditorio.
Cantare il Salmo Responsoriale può aiutare l’assemblea ad entrare meglio nel mistero della Parola di Dio per questo è importante curare il tono della voce, la fluidità o gravità della pronuncia e del canto. Il salmista nella cantillazione salmodica deve fare attenzione a non soffocare le parole, ma a porle nel dovuto risalto. Se oltre la competenza tecnica il salmista riuscirà a pregare salmeggiando … mentre canta lui farà pregare tutta l’assemblea.
Allora cantiamo con gioia l’attesa:
l’attesa non è mai colmata e la venuta è continua. Le anime lo aspettano, perché non hanno ancora raggiunto la piena statura di Cristo; la Chiesa lo aspetta, perché le realtà che essa possiede non sono ancora definitive; il mondo lo aspetta, perché la missione della Chiesa non ha ancora portato fino ai suoi confini la testimonianza evangelica. Questa speranza conosce un ritmo progressivo: ogni anno è nuova, perché mentre lascia dietro di sé le tappe raggiunte, si protende verso nuove mete. (CEI, La preghiera del mattino e della sera).
Vi proponiamo alcuni moduli salmodici composti da autori diversi ma adatti a favorire l’assemblea ad entrare meglio nel mistero della Parola di Dio rispondendo attivamente ad essa cantando.