Lo sappiamo: il tempo di Avvento è troppo breve per una vera meditazione del mistero del Signore che è venuto, che viene e che verrà.
Ho sempre «invidiato» il rito ambrosiano che dilata lAvvento in 6 settimane.
Ma sappiamo anche che ogni tempo liturgico non esaurisce il mistero che evoca ma semplicemente lo accenna e lo evidenzia.
Il vero problema, se mai, è calare «questo» Avvento in «questo» tempo, in «questo» luogo. Solo così il tempo liturgico non sarà altro dal nostro tempo ma lo aiuterà a cogliere la presenza discreta ma viva del Dio-con-noi nel dipanarsi delle nostre giornate e nello scorrere del cammino dellumanità.
Qui sta la ricchezza della liturgia dellAvvento: celebrare la presenza del Signore allinterno della nostra vita; una celebrazione che si fa «memoria» grata, si fa «attesa» vigilante, si fa «evento presente» per cogliere nella fede la presenza del Dio-con-noi.
Mi verrebbe da dire che lAvvento vissuto nelle tre dimensioni temporali citate è scuola che umanizza lesistenza perché ci stimola a un triplice sguardo: uno sguardo al passato per trarre linfa dalle nostre radici, dalla storia che ci ha preceduti e nella quale ci collochiamo; uno sguardo al futuro per proiettare uno sguardo fiducioso aperto al nuovo; uno sguardo al presente come tempo che benefica del passato e respira di futuro.
Ancora una volta abbiamo la conferma che una fede, vissuta realmente, umanizza lesistenza.
La comunità cristiana in Avvento se non si lascia disturbare dalla cornice «natalizia» che la distrae può davvero fare un salto di qualità nel suo cammino di fede.
La parola coraggiosa e carica di speranza dei Profeti aiuterà le nostre comunità a non ripiegarsi su un pericoloso «oramai» ma ad aprirsi a un «dora in poi» che apre prospettive nuove.
La parola di Gesù nel discorso «escatologico» della prima domenica alimenterà la speranza, una speranza attiva e operosa che vorrebbe accelerare il realizzarsi dei «cieli nuovi e terra nuova».
La figura del profeta Isaia ci spingerà a sperare nonostante tutto: Maria ci inviterà a fidarci di Dio e ad accoglierlo; Giovanni il Battista ci stimolerà a una conversione vera; Giuseppe ci inviterà al silenzio come condizione per intuire i progetti di Dio su di noi.
I canti, con labbondanza insistita dellinvocazione «Vieni!» esprimeranno e alimenteranno quel bisogno di salvezza, di senso, di definitivo, di eterno, quel bisogno di Dio che abita il cuore delluomo, di ogni uomo.
Una liturgia fatta di gioia contenuta e raccolta creerà quel clima che permetterà di fare spazio al Signore che sempre viene.
E perché non trasferire anche nelle nostre case la sobria ritualità delle nostre chiese. La corona di Avvento indicherà e richiamerà un cammino che è progressione non di tempo che passa ma di cuore che si apre a Dio
e quindi ai fratelli.
Langolo del presepio potrebbe diventare langolo della preghiera; il pasto condiviso potrebbe essere il momento della preghiera in famiglia unito a un segno di fraternità per condividere il nostro «tanto» con chi ha poco
Ogni comunità ha il suo cammino, offre occasioni perché lAvvento sia tempo di grazia, tempo di risveglio dal torpore spirituale che ci addormenta.
Ogni famiglia sappia inserirsi in questo cammino.
Solo un Natale preparato nella fede sarà gustato come esperienza profondamente umana e cristiana.
E allora
buon Avvento!
+ Guido FIANDINO
Vicario generale e Vescovo ausiliare