Dopo aver ringraziato dipendenti, collaboratori e volontari che prestano servizio presso la Curia metropolitana, mercoledì 27 marzo 2024 al Santo Volto di Torino l’arcivescovo mons. Roberto Repole ha formulato i propri auguri per la Santa Pasqua partendo da un brano di Girolamo «che giustificava in qualche modo la veglia pasquale e il perché la veglia si debba distendere oltre la mezzanotte» (testo integrale in allegato).
«Ci troviamo nella notte, aspettando la mezzanotte perché potrebbe venire in maniera definitiva Cristo», ha spiegato mons. Repole riferendosi al testo di Girolamo. «Se non arriva, allora continuiamo e festeggiamo celebrando l’eucarestia. Mi sembra che siano i due grandi orizzonti in cui collocare la celebrazione della Pasqua. Vivremo la notte della veglia per aspettare la venuta definitiva del Messia, la parusia ultima. E rimanere in questa attesa a Pasqua, e poi in tutti i giorni della nostra vita, significa dotarsi della possibilità di vedere con estrema lucidità tutti i motivi per cui stiamo attendendo la venuta di Cristo».
A questo proposito, ha ricordato l’Arcivescovo, ai cristiani talora è stato obiettato che, siccome credono nella risurrezione e nella venuta di Gesù, allora si disimpegnano dal mondo. «Io sono profondamente convinto che è esattamente il contrario», ha detto, e proprio «perché aspettiamo la mezzanotte della Storia, siamo capaci di vedere tutte le attese di quella mezzanotte che ci sono in mezzo a noi, con estrema lucidità. Penso che noi non possiamo vivere questa Pasqua senza sentire in qualche modo l’urlo delle guerre che ci sono in questo mondo, e anche i venti di guerra che si stanno agitando persino sul nostro Occidente che ci pare così “naturalmente” pacifico… Ma credo che non possiamo vivere questa Pasqua senza sentire anche tante altre tensioni che viviamo nella nostra stessa città. È di ieri la notizia di Stellantis e 1.520 nuove persone che abbandonano il lavoro. E voi capite che tutto questo tocca la carne della gente». Ma poi, ha aggiunto, «quante solitudini, quante malattie, quante tensioni!».
Ecco, ha spiegato mons. Repole, «aspettiamo la mezzanotte della Storia vedendo tutto e portando tutte le attese nella loro integralità. E più aspettiamo davvero, più quello che chiamiamo il nostro “servizio pastorale” è capace di prendersi cura delle attese nella loro integrità». Perché la cura pastorale è davvero tale solo se compiuta «nella traiettoria di questi orizzonti escatologici».
Ma, ha proseguito l’Arcivescovo, «vale anche la seconda cosa che dice Girolamo: se non viene a mezzanotte, celebriamo l’eucarestia. E quella eucarestia è la parusia di oggi, che ci deve bastare per l’oggi. Un teologo molto interessante dice che l’eucaristia è la continua parusia di Cristo», nel senso che «è quella carezza che ti viene data ogni giorno per sentire che, dentro le tue grandi attese, non sei solo e non sei abbandonato».
Ecco, ha concluso mons. Repole, «vi auguro una Pasqua così e auguro anche a tutti noi, e alla nostra Chiesa, di conservare questi orizzonti grandi, perché soltanto questi orizzonti grandi fanno sì che le nostre opere, quando ci sono, siano davvero pastorali».
(Testo integrale in allegato)