Venerdì della 2 ª settimana di Quaresima (Gen 37,3-4.12-13.17b-28 / Sal 104 / Mt 21,33-43.45-46)
«Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi l’eredità!» (Mt 21,38)
Già, l’eredità. Allora, come oggi, è causa di tanti conflitti tra le persone, di tante divisioni che, anche con il passare del tempo, fanno fatica a risanarsi.
La parabola detta da Gesù è un allegoria della storia d’Israele e, penso, la si possa applicare anche alla nostra storia personale, a quella comunitaria, sociale di tutti i tempi. La parabola narra l’intreccio tra la nostra infedeltà e la fedeltà di Dio; descrive la cura/amore che Egli ha per il suo popolo, per me, per l’umanità intera. Ai sui gesti di bontà/amore, però, corrisponde un crescendo di cattiveria che arriva fino ad uccidere. Il movente che spinge i vignaioli ad un gesto così estremo è l’eredità. Vogliono possedere ciò che, invece, è donato. L’errore delle origini si ripete! (Gen 3) Il desiderio di onnipotenza ci rende avidi di potere, vogliamo appropriarci di ciò che ci è stato donato/affidato perchè ne avessimo cura.
«Quando dunque verrà il padrone della vigna, che farà a quei vignaioli? Gli rispondono: Farà morire miseramente quei malvagi [
..]» (Mt 21,40-41) Questa risposta, data da chi stava ascoltando Gesù, forse, può anche essere la nostra, può nascondere la lettura che facciamo della storia: pensiamo che Dio sia più violento dei cattivi e li ripaghi con la stessa moneta. Fortunatamente Gesù la pensa diversamente perché diversa è la sua idea di giustizia. «La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata dangolo» (Mt 21,42).
Come dice il proverbio: «Dio chiude una porta e apre un portone» o, detto diversamente: dal male che noi facciamo Egli ne fa un bene.