Dopo 20 anni di negoziati, alla Conferenza sul clima Cop21 di Parigi il 12 dicembre 2015 quasi tutti i Paesi del Mondo per la prima volta hanno sottoscritto un impegno concreto per contenere le emissioni di anidride carbonica, il primo gas responsabile dell’innalzamento della temperatura terrestre. Il via libera dei 195 Paesi più la Ue che a Parigi hanno partecipato alla XXI conferenza internazionale dell’Onu sui cambiamenti climatici è arrivato in serata.
Ad annunciare il sì, un visibilmente emozionato Laurent Fabius, ministro degli Esteri francese e padrone di casa in qualità di presidente della Cop21, seduto sul palco in mezzo al presidente Francois Hollande e al segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon: «È un accordo ambizioso ed equilibrato, che riflette le posizioni delle parti, ma soprattutto vincolante». Secondo il capo della diplomazia d’Oltralpe, il patto siglato «consentirà di limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 gradi centigradi entro il 2020, forse fino agli 1,5 gradi».
L’intesa è arrivata in mattinata e si muove principalmente su tre assi: impegni vincolanti a convertire economie e produzione industriale in senso più verde, differenza di trattamento fra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo e finanziamenti economici a questi ultimi a patto che si impegnino a crescere nel rispetto dell’ambiente. «Cento miliardi l’anno da qui al 2020», annuncia Fabius.
Così, dopo quel lontano 1997, anno di nascita del protocollo di Kyoto, primo accordo internazionale salva-clima, oggi la lotta contro il climate change fa un decisivo passo avanti. Sì, perché se il patto sottoscritto in Giappone quasi 20 anni fa coinvolgeva con i suoi impegni vincolanti solo 35 Paesi, l’intesa sottoscritta a Parigi invece è molto più larga: 186 Stati responsabili, a vario titolo, del 93 per cento delle emissioni clima-alteranti si impegnano a riconvertire in senso verde le proprie economie.
Ora si dovrà passare dalle parole ai fatti e gli impegni contenuti nel testo dovranno trovare applicazione concreta in ogni singolo Paese.
Secondo la Società Meteorologica Italiana l’accordo di Parigi emerso dalla Cop-21 è certamente un buon risultato diplomatico e un punto di partenza per giungere a una decarbonizzazione dell’economia a lungo termine, ma non basta ancora a metterci al riparo dalle conseguenze più gravi dei cambiamenti climatici. Approfondimenti su: http://www.nimbus.it/articoli/2015/151215Cop21.htm
«L’ecologia non è un lusso decorativo riservato alle società sviluppate. È una questione di vita e di morte per la quale siamo tutti chiamati a rivedere i nostri stili di vita. Non possiamo volere un’ecologia globale universale e giusta e continuare poi a sfruttare le risorse naturali del mondo per il profitto di una porzione piccola di umanità». Così il card. André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, nell’omelia della Messa di domenica 22 novembre 2015 nella cattedrale di Notre-Dame a Parigi, che ha dato il via agli eventi promosso dalla Chiesa di Francia in vista della Conferenza Onu sul clima – Cop21 – che si tiene nella capitale francese dal 30 novembre all’11 dicembre.
Molte le iniziative che hanno accompagnato l’evento. Venerdì 27 novembre c’è stata nella Chiesa Saint Merry di Parigi l’accoglienza dei Pellegrini che hanno raggiunto a piedi o in bicicletta la città per partecipare alla Cop21. Il giorno dopo, sabato 28 novembre, nella basilica di Saint-Denis i leader delle religioni hanno consegnato una petizione ai rappresentanti delle Nazioni Unite e del governo francese.
Intanto domenica 29 novembre si è tenuta in varie nazioni la “Global Climate March”, mobilitazione collettiva mondiale organizzata proprio per invocare urgenti e concrete azioni governative contro i cambiamenti climatici (http://peoplesclimate.org/). Si è marciato anche a Roma sotto la guida di “Coalizione Clima”, coordinamento di oltre 150 organizzazioni locali e nazionali impegnate per la società civile e l’ambiente (www.coalizioneclima.it), ma pure in molte altre città italiane, da Torino a Trieste, da Savona a Napoli.
Inoltre, venerdì 4 dicembre alle 21, presso la parrocchia Santa Rita da Cascia (via Vernazza 38) si è tenuta una veglia di preghiera per «Il clima come bene comune». Era promossa dall’Ufficio diocesano Pastorale Sociale e del Lavoro, Giustizia e Pace, Custodia del Creato in collaborazione con gli Uffici Missionario, Migranti, Giovani, Famiglia, le associazioni e i movimenti ecclesiali (in allegato l’articolo pubblicato su “La Voce del Popolo” del 29 novembre 2015, la riflessione di Pier Davide Guenzi e la locandina dell’iniziativa).
Il 1° dicembre i presidenti di tutte le istanze continentali delle Conferenze Episcopali hanno lanciato un appello impellente alle parti negozianti e ai capi di Stato impegnati in questi giorni per i lavori della Cop21 di Parigi per il raggiungimento di un nuovo accordo internazionale sul clima. L’appello dei presuli sostiene l’importanza dell’Enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco, invitando ad unirsi “al Santo Padre nell’implorare un grande passo avanti a Parigi, per un accordo globale e generatore di un vero cambiamento sostenuto da tutti”.
L’appello è un forte richiamo a lavorare per l’approvazione di un accordo sul clima, equo, giuridicamente vincolante e generatore di un vero cambiamento che deve mettere il bene comune davanti agli interessi nazionali e deve proteggere “la nostra casa comune e tutti i suoi abitanti”. L’accordo, secondo i firmatari, dovrebbe limitare l’aumento della temperatura globale al fine di evitare impatti climatici catastrofici, soprattutto sulle comunità più vulnerabili. Sulla base di prove scientifiche, i leader religiosi riconoscono che un’eccessiva dipendenza dai combustibili fossili è il principale responsabile dell’accelerazione del cambiamento climatico, e chiamano, non solo ad una “drastica riduzione delle emissioni di biossido di carbonio e altri gas tossici”, ma anche a porre fine all’epoca del combustibile fossile.
Presentando una proposta in dieci punti, l’appello si basa sull’esperienza concreta di persone attraverso i continenti, e collega il cambiamento climatico all’ingiustizia e all’esclusione sociale dei più poveri e più vulnerabili dei cittadini. Come Papa Francesco afferma nella Laudato Si’, il clima è un bene comune, che appartiene a tutti e pensato per tutti, e il suo degrado ci sfida a ridefinire le nostre nozioni di crescita e progresso, ripensando i nostri stili di vita. La Chiesa è anche testimone di come il cambiamento climatico stia toccando le comunità e le persone vulnerabili, e di conseguenza si chiede ai firmatari “di porre al centro dell’attenzione la giustizia sociale”.
Il documento è stato scritto in collaborazione con il network cattolico CIDSE (alleanza internazionale delle agenzie di sviluppo cattoliche) e Caritas Internationalis e con il patrocinio del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace.
I firmatari della chiamata sono i cardinali Oswald Gracias, presidente della Fabc (Asia); Péter Erdő, presidente del Ccee (Europa); Reinhard Marx, presidente della Comece (Europa); Ruben Salazar Gomez, presidente del Celam (America Latina); Béchara Boutros Rai, presidente del Ccpo (Consiglio dei Patriarchi Cattolici d’Oriente), gli arcivescovi Gabriel Mbilingi, presidente del Secam (Africa); John Ribat, presidente Fcbco (Oceania); Joseph Kurtz, presidente della USCCB (USA) e il vescovo David Douglas Crosby, Omi, presidente del Cccb-Cecc (Canada).Dieci proposte per la Conferenza sul clima di Parigi, unite alla richiesta che si arrivi a un “accordo giusto, giuridicamente vincolante e generatore di un vero cambiamento” e anche una “Preghiera per la Terra”, affinché gli uomini “imparino a prendersi cura del mondo”. È questo in sintesi il contenuto dell’Appello firmato il 26 ottobre, con cui cardinali, patriarchi e vescovi, in rappresentanza delle associazioni continentali delle conferenze episcopali nazionali, si rivolgono ai capi di Stato e di governo che si riuniranno nella capitale francese per il summit di inizio dicembre.
Tra le proposte, in particolare, spicca la richiesta di “una completa decarbonizzazione entro la metà del secolo” e la necessità di “porre fine all’era dei combustibili fossili, eliminandone gradualmente le emissioni”.
Ecco il testo delle dieci proposte:
1. Tenere a mente non solo le dimensioni tecniche, ma soprattutto quelle etiche e morali dei cambiamenti climatici, di cui all’articolo 3 della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).
2. Accettare che il clima e l’atmosfera sono beni comuni globali appartenenti a tutti e destinati a tutti.
3. Adottare un accordo globale equo, generatore di un vero cambiamento e giuridicamente vincolante sulla base della nostra visione del mondo che riconosce la necessità di vivere in armonia con la natura e di garantire il rispetto dei diritti umani per tutti, compresi quelli dei popoli indigeni, delle donne, dei giovani e dei lavoratori.
4. Limitare drasticamente l’aumento della temperatura globale e fissare un obiettivo per la completa decarbonizzazione entro la metà del secolo, al fine di proteggere le comunità che in prima linea soffrono gli impatti dei cambiamenti climatici, come quelle nelle isole del Pacifico e nelle regioni costiere.
5. Sviluppare nuovi modelli di sviluppo e stili di vita compatibili con il clima, affrontare la disuguaglianza e portare le persone fuori dalla povertà. Fondamentale per questo è porre fine all’era dei combustibili fossili, eliminandone gradualmente le emissioni, comprese quelle prodotte da mezzi militari, aerei e marittimi, e fornendo a tutti l’accesso affidabile e sicuro alle energie rinnovabili, a prezzi accessibili
6. Garantire l’accesso delle persone all’acqua e alla terra con sistemi alimentari sostenibili e resistenti al clima, che privilegino le soluzioni in favore delle persone piuttosto che dei profitti.
7. Garantire, a tutti i livelli del processo decisionale, l’inclusione e la partecipazione dei più poveri, dei più vulnerabili e dei più fortemente danneggiati.
8. Garantire che l’accordo 2015 offra un approccio di adattamento che risponda adeguatamente ai bisogni immediati delle comunità più vulnerabili e che si basi sulle alternative locali.
9. Riconoscere che le esigenze di adattamento sono condizionate dal successo dell’adozione delle misure di riduzione. I responsabili del cambiamento climatico hanno l’onere di assistere i più vulnerabili nell’adattarsi e nel gestire le perdite e i danni e nel condividere la tecnologia e il know-how necessari.
10. Fornire roadmap chiare su come i Paesi faranno fronte all’insieme degli impegni finanziari prevedibili, coerenti ed aggiuntivi, garantendo un finanziamento equilibrato delle azioni di riduzione e delle esigenze di adattamento.
In allegato la preghiera per la Terra.