Le indicazioni offerte dalla Presidenza della Conferenza episcopale italiana il 2 dicembre 2022 invitano a fare il punto dei provvedimenti già adottati e di quelli da adottare per le celebrazioni liturgiche delle nostre comunità. Alcuni di essi sono in atto già da tempo: decaduto l’obbligo delle mascherine, dell’igienizzazione delle mani all’ingresso, del distanziamento dei fedeli, della comunione solo sulle mani, si pone la questione dei criteri in base ai quali continuare a raccomandare e mantenere tali pratiche.
Questi criteri non possono dipendere solamente dal pensiero del parroco o del rettore della chiesa. Solo un discernimento comunitario, in linea con gli orientamenti comuni della Diocesi, permette di mediare tra la dovuta attenzione a situazioni di particolare fragilità e l’altrettanto necessaria esigenza di un ritorno alla normalità. Vi sono chiese in cui si interpreta il «si può» come qualcosa di facoltativo e il «non è più obbligatorio» con «è ancora possibile»: così ancora si osserva il distanziamento dei fedeli, si vieta l’uso dei sussidi per il canto, si dà la comunione con le pinzette, si vieta ogni processione liturgica ecc.
È necessario per queste chiese e per i loro pastori aprirsi, fare un passo indietro oppure in avanti: se qualcuno ha particolari difficoltà personali, o una visione ancora timorosa del contagio, è bene che non lo faccia pesare a tutti. Il ritorno dell’utilizzo delle acquasantiere, insieme alla possibilità di scambiarsi il segno di pace e di svolgere le processioni di ingresso, offertorio e comunione, parlano di una apertura che non solo è auspicabile, ma pure doverosa per tutte le chiese della nostra Diocesi.
D’altra parte il consiglio rivolto ai ministri di continuare a igienizzare le mani prima di distribuire la Comunione – con tutta la discrezione dovuta, per cui il gel igienizzante sopra l’altare denota grande superficialità – è il segnale di una attenzione che non deve venire meno: il prete che, ripresa la possibilità di scambiare il segno di pace, scende dal presbiterio e va in giro a dare la mano a tutti è «leggero» e non tiene conto né dell’imbarazzo che alcuni possono avere nel riprendere confidenza con questo gesto, né della difficoltà che altri possono avere nel pensare di ricevere la Comunione da uno che si è comportato senza alcuna precauzione.
Come si può immaginare, è molto delicato questo ritorno alla normalità: e come nelle relazioni quotidiane stiamo imparando a ritrovare poco per volta, non subito con tutti, i segni della prossimità e dell’affetto quali il bacio, l’abbraccio, la stretta di mano, così nella liturgia sarà importante rispettare con molto garbo quanti per i più diversi motivi (malati in casa, postumi del covid ancora da smaltire, timore del contagio…) avvertono l’esigenza di custodire la distanza e le altre norme di prevenzione.
Una particolare attenzione andrà infine riservata alla possibilità di distribuire la Comunione in bocca: il ritorno alle norme del Messale, che prevede le due possibilità, chiede una ritrovata disponibilità verso un gesto che pure rischia di favorire un contatto più diretto tra il ministro e il fedele. Buona cosa può essere quella di invitare prima della Comunione, di tanto in tanto, nella grande assemblea, coloro che desiderano comunicarsi sulla bocca a farlo per ultimi, così che altri fedeli non siano scoraggiati e il ministro possa al termine della Comunione di nuovo eventualmente igienizzare le mani.
A questo proposito è da evitare tanto la faciloneria di chi elimina ogni attenzione, quanto quell’eccesso di prudenza che si traduce in un continuo igienizzarsi: prima di fare la Comunione, dopo aver fatto la Comunione, dopo aver distribuito la Comunione, con gesti plateali ed esagerati. Vincere la paura e continuare a stare attenti: è una bella prova di equilibrio e saggezza per le nostre comunità.
don Paolo TOMATIS su «La Voce E il Tempo» dell’11 dicembre 2022