Il 4 agosto 2020 Beirut veniva devastata da una potente esplosione che ha causato oltre 200 vittime, 7 mila feriti e sono più di 300 mila le persone che attualmente non possono rientrare nelle proprie case. Quattro gli ospedali colpiti, tra cui il più grande della città gravemente danneggiato. Migliaia di tonnellate di materiali che erano stipati nel porto sono andati distrutti, tra cui generi di prima necessità indispensabili in un Paese fortemente dipendente dalle importazioni. Una situazione drammatica che ha sollecitato aiuti economici, ma non solo. Nella città di Beirut anche i volontari italiani di Operazione Colomba, il corpo di pace dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, che operano nei campi profughi che accolgono i siriani, si sono attivati: cercano tra le macerie, ripuliscono, confortano chi ha perso tutto.
«Abu Sara», racconta Caterina, «è vivo per miracolo, se l’esplosione fosse stata 3 minuti prima e non avesse avuto i finestrini dell’auto abbassati, sarebbe morto probabilmente, visto che era appena passato davanti al porto. Karantina, il quartiere che prende il nome dalla quarantena obbligatoria che i viaggiatori dovevano fare una volta approdati al porto, oggi è un quartiere multietnico e multiconfessionale. Qui le case sono perlopiù totalmente crollate, altre pericolanti». Macerie, case distrutte… le Equipe Notre-Dame del Libano hanno lanciato un appello legato a una testimonianza raccolta da una famiglia di Beirut: «Come potrei dimenticare quelle grida di dolore che venivano dalle macerie e la sua voce addolorata che gridava: ‘Portatemi a casa mia’. Una volta rientrati a casa sua, si è accomodata sulla sua sedia e, fissandoci negli occhi, ci disse: ‘Non ho intenzione di lasciare casa mia’. Poi ci ha chiesto di aprire le finestre e di chiudere la porta una volta usciti. Molto commossi ci siamo guardati e con le lacrime agli occhi le abbiamo detto con una sola voce: ‘Porte e finestre le ricostruiremo con le nostre mani’». Così sul sito dell’Equipe (www.equipes-notre-dame.it/) tutti i dettagli per contribuire.
Facendo base a Jbeil, a 37 chilometri dalla capitale, i Salesiani accolgono e assistono chi ha perso familiari, tetto e lavoro in seguito all’esplosione e per questo hanno lanciato una campagna straordinaria (https://progetti.missionidonbosco.org/progetti/cure-medicine-e-accoglienza-per-le-famiglie-di-beirut) per una raccolta fondi mirata all’aiuto sanitario e alimentare ma anche all’assistenza psicologica per i bambini rimasti sotto shock.
A Torino la Caritas diocesana ha raccolto e rilanciato l’appello di Caritas italiana che da anni collabora con Caritas Libano. La Presidenza della Cei ha deciso lo stanziamento di 1 milione di euro dai fondi otto per mille, stanziamento che sarà utilizzato a sostegno dei piani di intervento d’emergenza di Caritas Libano, tramite Caritas italiana, per i prossimi 12 mesi. Un programma di aiuti articolato: sostegno alimentare, psicologico, medico. Chi volesse contribuire può utilizzare il canale della Caritas Diocesana Torino sul conto corrente bancario IT81R0329601601000064319198 intestato ad Arcidiocesi Torino – Caritas; causale: emergenza Libano agosto 2020.
Federica BELLO
(da «La Voce E il Tempo» del 6 settembre 2020)