Il testo di Isaia (I lettura) si presenta come una dichiarazione d’amore di Dio alla sua gente, come se il Signore parlasse alla donna amata: «Per un breve istante ti ho abbandonata, / ma ti raccoglierò con immenso amore. / In un impeto di collera / ti ho nascosto per un poco il mio volto; / ma con affetto perenne / ho avuto pietà di te».
La promessa di Dio è di quelle che vengono mantenute. E tuttavia come si fa a vivere, anche per un poco, se il volto del Signore è nascosto? La ricerca del «Volto» di Dio attraversa l’intera Bibbia, dalla Genesi all’Apocalisse; e se per gli Ebrei da sempre è proibita la riproduzione di ogni immagine umana (poiché l’uomo è «immagine di Dio») i cristiani invece hanno conosciuto il «Dio visibile», Gesù Cristo, incarnato e risorto proprio per rendere più vero e credibile quanto già il Vecchio Testamento afferma: e cioè che il volto di Dio si trova prima di tutto nei fratelli dei quali ci si mette a servizio e che riusciamo ad amare.
E questo Gesù che, nel Vangelo di oggi, riprende il discorso su Giovanni Battista, richiama la forza di questo annuncio del Dio che viene, cui Giovanni è chiamato a preparare la strada. Un Dio che sa di arrivare là dove non sarà riconosciuto e creduto – ma non per questo rinuncia.
A Torino custodiamo la testimonianza di un «volto di Dio» che dal silenzio continua a parlare, ad attirare non solo l’interesse della scienza ma, molto più, le domande di senso delle persone. È un volto fissato, crocifisso nella morte: ma il suo mistero continua a parlarci di vita e di speranza.
Marco Bonatti