Voci mirabili che annunciano la gioia della Resurrezione, simboli per eccellenza delle feste pasquali: le campane, strumenti straordinari che riescono a far nascere in uno stesso momento un medesimo sentimento in mille cuori diversi. E nei giorni del Triduo assumono un significato simbolico molto particolare in quanto strettamente connesso ai riti vissuti e celebrati dalla comunità cristiana. Il Giovedì Santo infatti risuonano a distesa per l’ultima volta durante il canto del «Gloria» della Coena Domini e, da quel momento, la loro voce tace per i due giorni successivi. Anticamente venivano addirittura legate le corde e i battacchi per evitare che il vento facesse oscillare i bronzi e dalle torri pervenisse anche solo qualche lieve rintocco.
Si entra così nel silenzio del Venerdì e del Sabato Santo: in alcuni contesti è ancora presente l’usanza di segnalare il triplice suono dell’Angelus o dell’azione liturgica con raganelle e battòle, strumenti idiofoni lignei in grado di produrre suoni brevi e taglienti tramite la rotazione di una lamina flessibile raschiata su una ruota dentata. Il materiale dello strumento vorrebbe proprio ricordare il legno della croce su cui è stato appeso il Cristo. Il Sabato Santo, durante la veglia serale, al termine delle letture dell’Antico Testamento si canta solennemente il «Gloria» e tutte le campane del campanile vengono suonate a distesa per annunciare la Resurrezione. In alcune chiese il Gloria viene anche accompagnato dai campanelli utilizzati dai ministranti durante l’elevazione.
E anche nella nostra diocesi le torri campanarie sono pronte a sottolineare con i rintocchi festosi dei loro sacri bronzi i giorni più importanti dell’anno liturgico. Il giovedì la Messa «in Coena Domini» è annunciata dalle campane a distesa e da inni eucaristici tra cui «T’adoriam Ostia divina» oppure «Adoro te devote». Al canto del «Gloria» si smuovono tutte le campane presenti nel campanile, segno utilizzato anche durante la veglia del sabato, mentre la domenica di Resurrezione il Regina Coeli di mezzogiorno è sottolineato dal carillon dell’omonima antifona mariana propria del tempo pasquale seguito dalle suonate solenni definite «alla Romana» con la campana maggiore a distesa e le piccole a baudetta oppure dalle «Tribaude» con campanone a distesa e piccole a festa.
Per le celebrazioni, oltre alle campane a distesa, in diversi campanili suonano gli inni tipici del periodo di Pasqua come «Nei cieli un grido risuonò», «Cristo nostra Pasqua», «Cristo è risorto Alleluia » oppure le «baudette» tradizionali del nostro territorio sapientemente studiate, eseguite ed inserite nelle centraline delle torri campanarie dai membri del gruppo CampaneTO. Così dalla Cattedrale e dai più noti campanili cittadini tra cui Maria Ausiliatrice, Faà di Bruno, Cottolengo, Santa Rita, Patrocinio, Sacro Cuore di Gesù, Superga, da Chieri, Settimo torinese, Venaria, Grugliasco, Carmagnola e Savigliano fino alle Valli di Lanzo e Sangone l’eco dei sacri bronzi esulta nel Cristo Risorto e ricorda ai fedeli che, come recita il prefazio II, per mezzo di Cristo «rinascono a vita nuova i figli della luce e si aprono ai credenti le porte del regno dei cieli».
Marco DI GENNARO su «La Voce E il Tempo» del 9 aprile 2023