Non solo parrocchie e Unità pastorali, ma, proprio in accordo con lo stile sinodale che prevede un «allargamento» dei confini più strettamente ecclesiali per raccogliere stimoli e riflessioni da un campione più vario ed esteso possibile, alcuni gruppi presenti in diocesi e attivi sul fronte del dialogo, dell’attenzione alla formazione e alla responsabilizzazione dei laici, interpellati dai referenti diocesani per il Sinodo, si sono organizzati per vivere questo momento sinodale di ascolto e offrire il proprio contributo.
Si tratta di gruppi come Cascina Archi, il Chicco di senape, il Meic, la Comunità di via Germanasca, il gruppo Acquaviva, due gruppi biblici e altri gruppi spontanei che, coordinati da Claudio Ciancio dell’Associazione Cascina Archi, hanno scelto di focalizzarsi su alcune tematiche sinodali. «Trovo importante», sottolinea Ciancio, «anzitutto il fatto che in questo percorso sia stata posta attenzione anche ai gruppi minori che vivono esperienze ecclesiali non parrocchiali. Ci pare che già questa attenzione rientri nello stile sinodale.
Tra i temi proposti alla riflessione, ne abbiamo scelti due che corrispondono maggiormente alle nostre sensibilità e sui quali pensiamo di poter offrire un contributo alla luce delle nostre esperienze. Si tratta dell’‘annuncio della fede’ e della ‘forma di Chiesa’ nella quale siamo chiamati a vivere la nostra fede».
Ecco dunque che ciascuno dei diversi gruppi in questo tempo è chiamato a riflettere, confrontarsi, esprimere punti di vista ed elaborare un documento di sintesi. «Ciascun testo», prosegue, «andrà a costruire un documento unico e condiviso che poi sarà consegnato ai referenti diocesani: per noi è un lavoro importante perché riflette il cammino e l’obiettivo che ci caratterizza, cioè quello di vivere la fede in un modo più intenso e in una forma di comunione ecclesiale più adeguata al nostro tempo. Le nostre esperienze e le nostre proposte non vogliono sostituirsi a quelle delle parrocchie, ma cercano vie per uscire dall’attuale crisi della Chiesa tentando, allo stesso tempo, di leggere i segni dei tempi e di ritrovare la forma originaria della Chiesa al di là delle deformazioni che ha subito nei secoli».
Un lavoro, quello avviato, che si pone in continuità con uno stile – del cercare contributi costruttivi partendo dal dialogo e dal confronto – già sperimentato per l’Assemblea diocesana dello scorso anno. «Avevamo già partecipato», prosegue, «ai lavori per l’Assemblea, ora ci proponiamo un’analisi più sistematica del presente e delle prospettive di cambiamento, convinti di dover puntare sulla dimensione comunitaria della realtà ecclesiale, che deve essere fondata sulla centralità della riflessione sulla Parola e sulla testimonianza della carità. In questa prospettiva guardiamo anche a una forma di Chiesa che, proprio in quanto comunitaria, si liberi del clericalismo attraverso anche una riforma dei ministeri, che nascano dall’interno della comunità e non escludano più le donne»
(Federica BELLO su «La Voce E il Tempo» del 13 febbraio 2022)