Serve più innovazione. E serve più welfare. Anzi: innovazione e welfare devono trovare il modo di «camminare insieme» perché, per il territorio torinese, rappresentano le due facce del medesimo problema e della medesima sfida, quella di inventare un diverso modello di sviluppo, che allontani lo spettro di un declino che oggi, complice la crisi globale, è nei fatti e nei numeri delle statistiche.
Per tre ore nel pomeriggio del 4 giugno, al santuario della Consolata, i lavori dell’«Agorà del sociale» voluta dall’arcivescovo di Torino mons. Cesare Nosiglia hanno compiuto un passo avanti importante, mettendo a confronto le voci e l’esperienza di molti esponenti della società civile, delle istituzioni pubbliche, del terzo settore. Nella sua introduzione l’Arcivescovo ha richiamato, in particolare, la gravità della condizione giovanile, riferendosi ai dati pubblicati in questi giorni sull’assenza di lavoro per i giovani. Questa è, per mons. Nosiglia, la questione fondamentale, su cui si gioca il destino di due generazioni.
La piattaforma ecclesiale – Punto di partenza del lavoro la «piattaforma» che sintetizza le indicazioni emerse dalla consultazione dei gruppi ecclesiali. C’è bisogno, prima di tutto, di un recupero della «politica», che non significa andare a occupare lo spazio dei partiti ma richiamare con forza la corresponsabilità dei cittadini nella «polis», nella gestione della cosa pubblica. In essa sono indicati alcuni criteri guida importanti: la «fraternità» come condizione indispensabile del procedere. Non si tratta infatti di costruire una società di eccellenze, ma di valorizzare la presenza e il contributo di tutti i cittadini. E poi, la necessità di lavorare in rete, superando le burocrazie e gli «orti chiusi» delle competenze, della pubblica amministrazione e non solo; ancora, un nuovo patto sociale e generazionale, che coinvolga realmente i giovani in una «cosa pubblica» che oggi invece sembra rispecchiare soprattutto l’invecchiamento progressivo della popolazione torinese.
Il prof. Profumo – Il prof. Francesco Profumo, già ministro del governo Monti e rettore del Politecnico torinese, ha orientato la riflessione proponendo una lettura dell’attuale realtà, che ha urgente bisogno di trovare un nuovo indirizzo, conclusa una certa fase dell’industria manifatturiera. Le priorità sono: costruire la «fabbrica del futuro», che sarà fatta di conoscenza e formazione dei lavoratori, prima che di «prodotti»; incentivare i processi di governo coordinato e le sinergie. Un’opportunità di grande importanza è quella fornita attualmente dalla costituzione delle aree metropolitane; valorizzare l’esperienza dei «santi sociali», cioè non perdere di vista quell’obiettivo e quel metodo di «fraternità» che è al cuore dello sviluppo.
Il dibattito – Intorno a questi temi si è sviluppato un ampio dibattito che ha visto gli interventi, fra gli altri, dell’ex sindaco Castellani, del vicesindaco Elide Tisi, del presidente della Compagnia di San Paolo Remmert e del segretario generale della Fondazione CRT Lapucci; sono intervenuti anche l’ex ministro Elsa Fornero, sindacalisti come Dealessandri e Nanni Tosco, Grazia Breda del Coordinamento Sanità e Assistenza e altri esponenti del terzo settore. Altre istituzioni, come la Regione Piemonte, hanno fatto pervenire contributi scritti.
Le indicazioni – Le principali indicazioni emerse ribadiscono questa convinzione: il nuovo sviluppo ha bisogno di innovazione, e dunque investimenti in ricerca; ma va realizzato partendo da un recupero di risparmio ed efficienza nei processi attuali, che vedono l’Italia, ma anche Torino, perdere opportunità e denaro perché non si riesce a mettersi nelle condizioni giuste per sfruttare i pur enormi sostegni messi a disposizione dall’Unione Europea. Inoltre lo sviluppo che si prefigura è da perseguire appunto con il criterio della fraternità, cioè con un’attenzione non assistenziale anche alle fasce deboli. Non si tratta soltanto di «aiutare» gli svantaggiati, ma di provare a costruire un tipo di società che offra reali opportunità a tutti i suoi cittadini. In questo senso i cammini di formazione di base e di aggiornamento permanente rimangono un punto qualificante di qualunque progetto.
Ci sono due punti irrinunciabili che ben riassumono il cammino compiuto finora: rispondere efficacemente all’emergenza occupazionale e «fare sistema», cioè condividere conoscenze, risorse, progetti. E in questo lavoro si ritrova anche il senso principale dell’«Agorà», voluta dall’Arcivescovo come momento impegnativo, e non solo accademico, di confronto.
Come si procede – Il cammino dell’Agorà continua ora con la riflessione sui documenti presentati e sui contributi al dibattito con la società civile. Per il prossimo mese di settembre l’Arcivescovo ha annunciato la convocazione di un grande incontro pubblico dove verranno messi in circolo i contenuti emersi e le indicazioni operative per il futuro. Alcuni dei temi affrontati dall’Agorà saranno ripresi da mons. Nosiglia anche nella sua Lettera pastorale, la cui pubblicazione è ugualmente prevista per settembre.