L’Incarnazione dice che «l’amore vero cambia l’amante», gli auguri del card. Repole

Nel tradizionale incontro con la Curia il 17 dicembre 2024 l’Arcivescovo ha ricordato la vera gloria del Natale

Nel tradizionale incontro con la Curia per lo scambio di auguri di Natale, martedì 𝟭𝟳 𝗱𝗶𝗰𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲 2024, l’arcivescovo di Torino card. Roberto Repole ha brevemente richiamato un racconto del filosofo danese Soren Kierkegaard in cui un re si innamora perdutamente di una ragazza che però è indigente, e si chiede come fare a realizzare il suo progetto di amore con questa ragazza poverissima. «Di per sé una possibilità ci può essere, che è quella di far diventare la ragazza ricca come lui. Però questo re si fa il problema del fatto che, facendo così, è vero che può sposare da pari questa ragazza, ma la potrebbe umiliare e soprattutto potrebbe risultare più preoccupato di sé che non della ragazza. Ma – dice Kierkegaard in un passaggio bellissimo in questo racconto – l’amore non cambia l’amato, l’amore vero cambia l’amante». E allora che cosa fa questo re? «Decide di modificarsi lui e rendersi simile a quella ragazza».

Il racconto, ha commentato l’Arcivescovo, dice esattamente quello che avviene nel Natale e nell’Incarnazione: «Dio ha un’unica possibilità per incontrare l’umanità amata, che è quella di abbassarsi a quel livello, mostrando però che tutta la sua gloria sta precisamente in questa capacità di abbassarsi». Ma, ha puntualizzato il card. Repole, «l’Incarnazione non è una maschera: è la rivelazione autentica della gloria di Dio. E in che cosa Dio è glorioso? Nella sua capacità di mutare per amore dell’amata».

L’Arcivescovo ha quindi concluso con «l’augurio che ciascuno di noi nella sua povertà – e penso che siamo tutti un po’ poveri, ognuno nel suo cuore può declinare questa povertà in mille modi, perché ognuno conosce in maniera profonda la propria vita – che ciascuno possa sperimentare questa gloria di Dio a Natale. E, nello stesso tempo, l’augurio che faccio a me e a ciascuno di voi, è che impariamo dalla contemplazione della gloria di Dio a comprendere che la vera gloria anche di noi uomini sta nella capacità di abbassarci a livello delle fragilità che incontriamo. E se conosciamo le nostre, possiamo conoscere ugualmente quelle dei nostri genitori, dei nostri mariti, delle nostre mogli, di coloro che appartengono alla nostra comunità cristiana, dei vescovi… Vi auguro questo. Grazie di cuore!».

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