Fin dall’inizio la conoscenza è la categoria di Dio. La nostra storia (che è comunque «storia sacra») comincia con un problema di conoscenza, circa l’albero del bene e del male. E prima ancora, nella Genesi, Adamo assegna un «nome» alle piante e alle creature viventi; e «conoscere» significa possedere la chiave delle persone, il potere sullo stesso corpo – sulla vita.
La conoscenza è potere, e i capi dei sacerdoti contestano a Gesù l’«autorevolezza» che dal potere viene: chi ti ha dato questa autorità? La schermaglia si risolve come al solito, ma la questione rimane aperta: quali sono i «segni del Messia» che Gesù porta? Perché gli israeliti non li riconoscono? E perché dimenticano, di fronte al Nazareno, i profeti che pure hanno annunciato tutto questo? Il Vangelo, invece, ci presenta fin dall’inizio il «riconoscimento» di Gesù proprio dai sacerdoti e profeti del Tempio, Anna e Simeone (Matteo 2, 22ss).
La verità è che «prima» del potere viene la necessità di riconoscere la signoria di Dio, fonte di ogni potere. Scrive san Bernardo: «Che cosa è l’uomo se tu non ti fossi fatto conoscere da lui? Signore tu hai fatto tutto per te stesso, e chi vuole essere per se stesso, e non per te, inizia a essere niente fra tutte le cose».
Marco Bonatti