«Cari presbiteri, diaconi e religiosi, famiglie e fedeli della Diocesi di Torino e cari cittadini,
in questo periodo estivo è emersa in tutta la sua gravità la problematica dell’accoglienza dei rifugiati che giungono numerosi nella nostra patria come in altre nazioni europee per fuggire da situazioni tragiche di guerre, violenze e povertà estreme. Ne sono derivate polemiche e contrapposizioni aspre. Tutti ci accorgiamo che un clima di tensione incentivato anche dai media non giova ad affrontare con equilibrio e generosità questa emergenza, che invece esige un supplemento di impegno da parte di ogni componente sociale, rifuggendo da cinici populismi o ingenui buonismi.
Cavalcare le paure e gli allarmismi ingenera atteggiamenti di rifiuto che chiudono il cuore e addormentano la responsabilità di fronte all’obbligo forte consegnatoci dal Signore e che deve risuonare nelle coscienze e nel cuore di credenti e cittadini: “ero forestiero e mi avete ospitato”. Il buonismo ingenuo, a sua volta, rischia di ostacolare una intelligente gestione dei vari problemi che l’accoglienza pone. Sono questioni che vanno affrontate con la volontà di mettere al centro la persona bisognosa e che interpellano ciascuno di noi, non solo le istituzioni, sul senso vero che diamo alle parole “solidarietà” e “giustizia”.
Ringrazio l’Ufficio diocesano di Pastorale dei Migranti, la Caritas diocesana e le tante realtà parrocchiali o religiose e civili che, insieme a diverse famiglie hanno già offerto nei mesi scorsi a molti rifugiati alloggio o assistenza degna, attenta alle loro necessità primarie. Ritengo tuttavia che il Signore, attraverso questi “segni dei tempi” ci chiami ancora ad un di più di sforzo comune che, pur esigendo sacrificio, ottiene una forte, significativa e concreta testimonianza ecclesiale al Vangelo della carità che come comunità cristiana siamo chiamati ad offrire andando oltre le parole spesso vacue o inutili.
Per questo, pur consapevole dell’impegno che comporta la proposta, chiedo ad ogni Unità Pastorale della nostra Diocesi di provare a definire un concreto programma di accoglienza straordinaria e di accompagnamento per alcuni fratelli e sorelle vittime della migrazione forzata. Si tratta in partenza di affrontare il bisogno urgente dell’alloggio per poi promuovere insieme alle altre realtà ecclesiali e civili un sostegno effettivo al percorso di inclusione sociale di cui avranno bisogno. Finora abbiamo messo a disposizione in diverse strutture ecclesiali capaci di accogliere decine e decine di persone – oltre 500 posti, senza contare tanti piccoli nuclei di singole persone o famiglie accolte nelle parrocchie. L’acuirsi dell’emergenza esige ora un intervento diverso, per favorire l’accoglienza capillare di gruppi numericamente più piccoli, ma geograficamente più diffusi sul territorio.
Chiedo in particolare ai moderatori e referenti territoriali della Caritas, San Vincenzo e altre realtà che operano nel sociale, di promuovere in ogni Unità Pastorale uno o più luoghi di accoglienza temporanea capaci di ospitare 5 persone ciascuno, cercando la disponibilità presso le parrocchie, gli istituti religiosi, le case di risposo, altre strutture ecclesiali presenti sul territorio. Le comunità siano coinvolte in questa iniziativa sentendosene responsabili e offrendo il loro sostegno.
Non si tratta di una accoglienza solo notturna, come per quella offerta ai senza dimora da alcune parrocchie, ma di ospitalità completa per alcuni mesi, in base alle necessità e alle indicazioni che le Istituzioni pubbliche potranno fornirci. La capillarità di tale operazione, unita all’invito affinché anche alcune famiglie siano disponibili ad accogliere un rifugiato in casa, può produrre un frutto molto positivo: oltre all’estensione del numero di persone che ne usufruiscono, avvia un’azione di responsabilità da parte delle comunità cristiane e civili e di ogni cittadino, che rifiutano quella cultura dello scarto, di cui tanto ci ha parlato Papa Francesco in riferimento anche agli anziani, poveri, malati e disabili, disoccupati o in cerca di lavoro, famiglie soggette a sfratto incolpevole…. Essi sono ogni giorno destinatari della solidale azione delle nostre comunità mediante la Caritas e tante realtà associative religiose e laicali per cui non si tratta di togliere o diminuire questa concreta azione di sostegno, ma di estenderla anche a chi si trova in una particolare situazione di miseria e di abbandono. Dio, che non si lascia vincere in generosità e ama chi dona con gioia, saprà moltiplicare il bene fatto anche a vantaggio di chi lo fa.
Siccome l’iniziativa presenta anche aspetti delicati, per rendere ordinato il progetto e per attuarlo davvero in rete chiedo ad ogni Unità Pastorale di riferirsi all’Ufficio Pastorale dei Migranti che – in stretta collaborazione con la Caritas diocesana – offrirà un supporto di indirizzo, di coordinamento, di informazione, di elaborazione progettuale.
Maria Santissima Consolata e i nostri grandi Santi sociali ci aiutino e sostengano nel compiere fino in fondo questo dovere primario della carità, fonte prima di fede e di pace per tutti.
Vi benedico di cuore.
Torino 29 agosto 2015
Nella sez. Documenti del sito è possibile scaricare il pdf della lettera-messaggio.
Su «La Voce del Popolo» del 6 settembre 2015 Sergio Durando, direttore dell‘Ufficio Pastorale Migranti, e Pierluigi Dovis, direttore della Caritas diocesana, spiegano obiettivi e modalità di partecipazione all’appello lanciato dall’Arcivescovo di Torino. In allegato le pagine del giornale.
Su YouTube l’intervista a mons. Nosiglia negli studi Rai di Torino, andata in onda il 7 settembre 2015. Sul sito di Sky Tv l’intervista mandata in onda il 9 settembre 2015.
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Con un comunicato del 9 settembre 2015 anche la Congregazione Salesiana annuncia di aderire con convinzione all’appello lanciato da Papa Francesco per l’accoglienza dei profughi.
Il Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Angel Fernandez Artime, ha inviato una lettera agli Ispettori (Provinciali) delle Ispettorie d’Europa, per richiedere di valutare “ciò che ogni Ispettoria può fare e ciò che si può chiedere a ogni comunità e parrocchia, perché siano disponibili ad accogliere nelle nostre opere famiglie di migranti”.
In particolare, e in accordo al carisma salesiano, il Rettor Maggiore invita a prestare attenzione “ai minori non accompagnati e ai giovani. Ospitiamo anche una sola famiglia, quattro o cinque persone; con il poco di tutti, faremo tanto, anche in collaborazione con le chiese locali e il territorio”.
Nel testo della lettera il Rettor Maggiore – in questi giorni impegnato in Argentina per la celebrazione del Bicentenario della nascita di Don Bosco con oltre 7.000 giovani – sottolinea “l’immane tragedia dei profughi e degli immigrati che a migliaia fuggono dai loro paesi per la guerra, le distruzioni, la fame, le persecuzioni e approdano in Europa, esponendosi a gravi pericoli per le attraversate del mare e per i ricatti degli scafisti. (…) Di fronte a tanta tragedia non possiamo rimanere indifferenti a tante necessità”.
Per questo Don Fernandez Artime propone una risposta concreta ad un appello concreto: “Don Bosco, di cui abbiamo appena concluso il bicentenario della nascita, ci insegna la concretezza delle risposte. Questo ci ha anche ricordato il Papa Francesco nella visita a Valdocco dello scorso 21 giugno: ‘Vi ringrazio della vostra concretezza delle cose … Il salesiano è concreto, vede il problema, ci pensa e lo prende in mano’. In nome della carità e fraternità evangelica, come risposta alla chiamata del Signore e al grido del Papa Francesco, vi ringrazio per la generosità con cui mobiliterete tutte le risorse possibili in favore di chi con urgenza ci rivolge un appello pressante”.
Il testo completo della lettera è disponibile sul sito di ANS.
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Mercoledì 17 settembre 2015 i Vescovi di Piemonte e Valle d’Aosta hanno diffuso un messaggio-invito per un supplemento di impegno sul fronte dell’emergenza rifugiati. Di seguito il testo integrale:
«All’Angelus di domenica 6 settembre abbiamo ascoltato il nuovo appello di Papa Francesco, che ci sollecita ad aprire le porte del nostro cuore e delle nostre case a persone in fuga dai loro paesi devastati dalla guerra e dalla povertà.
Da sempre la Chiesa ha sentito il dovere di accogliere le persone in difficoltà e soprattutto quelle alla ricerca di una casa e di un lavoro, di assistenza sanitaria e di ogni altra concreta necessità. I centri di ascolto della Caritas in ogni diocesi e parrocchia rispondono, grazie a un esercito di volontari a tutte queste necessità e lo fanno senza discriminare nessuno, italiano o non, della nostra fede o di altre, perché in ogni persona riconosciamo il Signore. Lo abbiamo appreso dal Vangelo, dove con chiarezza risuonano le parole di Gesù stesso: «Ero forestiero e mi avete ospitato: venite benedetti del Padre mio. Ero forestiero e non mi avete ospitato: via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno».
Lo ha proposto nei secoli l’insegnamento di una vita cristiana che ha sempre tenuto in grande considerazione le opere di misericordia corporale e spirituale. In questi tempi di emergenza abbiamo cercato di agire in modo coerente, spesso sfidando la contrarietà di quanti si lasciano condizionare dall’emotività, dalla paura dello sconosciuto, quando non anche da atteggiamenti di razzismo.
Ora l’intervento del Santo Padre ci ha provocati ulteriormente, costringendoci a prendere consapevolezza di alcuni elementi di novità:
1. la drammaticità e la progressiva urgenza di una richiesta, che non è più solo ricerca di una vita migliore, ma è fuga disperata da situazioni di guerra;
2. la dimensione del fenomeno, che sfida non più soltanto la possibilità delle nazioni più vicine all’Africa, ma giunge a mettere in difficoltà lo stesso continente europeo;
Papa Francesco ha evidenziato due concetti importanti:
1. la possibilità per le comunità cristiane di dare concreta risposta a questo scenario, semplicemente responsabilizzando ogni fedele, ogni comunità e ogni struttura ad accogliere un numero limitato e quindi possibile di profughi;
2. l’opportunità di impostare l’accoglienza a misura di famiglia, rendendo così possibile una strategia di accoglienza diffusa sui territori e quindi libera da quella emotività che nasceva spontanea di fronte a masse di individui sconosciuti e, proprio perché soli, difficili da integrare nei nostri territori.
Considerati questi fatti nuovi, i Vescovi del Piemonte e Valle d’Aosta desiderano ringraziare per l’ottimo lavoro fin qui svolto dalle Caritas, da Migrantes e dalle organizzazioni che hanno già donato il loro prezioso apporto in questa situazione di emergenza. Inoltre accolgono e fanno proprio l’invito a tutte le nostre parrocchie, famiglie, comunità religiose, per un supplemento di impegno e per rendersi disponibili a dare una risposta concreta a quanto Papa Francesco ci chiede. Non sarà difficile reperire soluzioni abitative. Forse sarà più impegnativo, ma necessario, creare reti di accoglienza e di accompagnamento, che pretendono unicamente la disponibilità dei credenti a sentirsi responsabili del proprio fratello.
Fra qualche settimana saremo chiamati ad aprire le porte dell’imminente Giubileo. Ma suonerebbe falso se, aprendo una porta simbolica, prima non fossimo stati capaci di aprire le porte della nostra accoglienza.