Pubblichiamo di seguito la Lettera alla Diocesi diffusa giovedì 13 aprile 2020 dall’arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, mons. Cesare Nosiglia.
“Cari amici,
scrivo queste righe nella domenica della Divina Misericordia, al termine di una Settimana Santa e di un’Ottava di Pasqua che sono state, per la Chiesa di Torino, particolarmente impegnative ma anche ricche di gioia e di speranza.
Abbiamo celebrato i grandi misteri della Passione, Morte e Risurrezione del Signore in condizioni di emergenza mai viste prima: Messe senza popolo, chiese chiuse. La «persecuzione» non veniva da qualche potere mondano ma dal cuore stesso della Terra, e dallo stato del mondo così come è oggi: dove la globalizzazione rende facile ogni contatto, ma anche ogni contagio! La difficile situazione in cui tutti ci siamo trovati ci ha anche obbligati a riflettere sulle condizioni della nostra vita nella modernità, e sulle realtà che in essa sono davvero importanti.
Ma il fatto stesso di riflettere ci conforta sul significato della nostra fede e della nostra appartenenza alla Chiesa di Dio: senza la fede saremmo ancora più poveri; fuori dalla Chiesa saremmo ancora più fragili, mancando del conforto che ci viene dall’essere – comunque – insieme.
Questi giorni, poi, ci hanno regalato l’occasione di offrire la nostra testimonianza di speranza a tutto il mondo. La preghiera davanti alla Sindone, trasmessa da televisioni dell’intero pianeta e diffusa in modi innumerevoli sulla rete di Internet, ha dimostrato, a noi torinesi prima di tutto, come il messaggio misterioso di quel Volto sia davvero un segno universale che si cerca, si fa guardare ben al di là delle distinzioni di credenze, convinzioni, filosofie, ideologie.
Ciò che più mi ha colpito, nella preparazione forzatamente affrettata della preghiera, sono state le dimostrazioni di interesse, le richieste di partecipazione che da tutto il mondo sono venute dopo il mio annuncio del 4 aprile. Mi hanno fatto capire ancora meglio come la Sindone sia davvero un patrimonio, la perla preziosa di cui parla il Vangelo, che noi abbiamo il dovere di custodire e far conoscere, anche nei modi che le tecnologie oggi ci consentono.
Di fronte al silenzio della Sindone abbiamo invocato il Signore perché ci confermi nella fede e nella speranza. Dal profondo della nostra condizione di «malati» chiediamo legittimamente al Padre un conforto che non è un miracolo, ma caso mai il segno di quella «tenerezza di Dio» che ciascuno di noi, e tutti insieme come Chiesa, inseguiamo lungo la nostra intera vita. Legittimamente: perché sta scritto «bussate, e vi sarà aperto; chiedete, e vi sarà dato»! Di speranza abbiamo bisogno.
I giorni e le settimane che ci attendono non saranno facili per nessuno. Io mi sento in dovere di ringraziare dal profondo del cuore tutti coloro che – sacerdoti e personale sanitario, volontari di ogni genere – in questo periodo hanno ancora intensificato il proprio servizio verso i bisognosi. Non è Cesare Nosiglia che li ringrazia, non è l’Arcivescovo di Torino: è Dio stesso che vede nei gesti e nei cuori, come ci ha spiegato Gesù parlando del Giudizio finale (Mt 25).
Ma il bisogno cresce, e crescerà ancora, e si farà drammatico. Per questo è necessario che, a fianco della rete capillare di concreti singoli aiuti, si preparino piani seri di intervento per arginare la miseria in cui tanti di noi rischiano di scivolare. La nostra diocesi, già in prima linea con le iniziative della Caritas, delle parrocchie e dei gruppi, sta preparando un nuovo strumento che aiuti a coprire le esigenze immediate per chi avrà la possibilità di riprendere il lavoro ma mancherà dei fondi necessari. Il servizio, che la Pastorale del Lavoro sta preparando, riguarderà anche le piccole imprese, e vedrà la collaborazione attiva di un importante gruppo bancario.
La Cei ha deciso di offrire alle Diocesi un supplemento di risorse volto a sostenere le parrocchie e le varie associazioni per la loro opera di concreto aiuto alle famiglie, ai lavoratori e ogni altra esigenza delle persone in difficoltà. E c’è, al di là delle iniziative di solidarietà, un piano di «interventi» che è tipico della comunità cristiana: la vicinanza con chi è solo e adesso anche isolato in casa; l’attenzione affettuosa e cordiale a vicini e anziani.
Dall’inizio della pandemia i sacerdoti hanno l’impegno di pregare per gli ammalati e i defunti – e ogni giorno io ricordo, nel Rosario, i nomi di tutti coloro che ci vengono segnalati. A questo «servizio della preghiera» si affianca in questi giorni un «call center» particolare. I sacerdoti che abitualmente raccolgono le confessioni saranno disponibili per rispondere al telefono a chi vorrà esporre la propria situazione, ascoltare una parola di conforto, dialogare con una voce che si sa amica – anche quando non la si conosce personalmente. Anch’io mi renderò disponibile per questo servizio.
Cari amici: ho citato alcune delle realtà che stiamo vivendo come Chiesa. Senza perdere di vista il sano realismo della ragione, queste realtà aprono il cuore alla speranza. Siamo piccoli e peccatori: ma siamo stati toccati dalla grazia del Risorto. E questo riempie i nostri cuori in ogni momento della nostra vita.
+Cesare Vescovo, padre e amico”
Testo anche in allegato.