Martedì 24 marzo 2020 l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, ha scritto una lettera aperta ai medici, agli operatori sanitari e agli assistenti spirituali (testo in allegato a fondo pagina).
«Nei segni lasciati dalle mascherine sui vostri volti, si intuiscono quelli impressi sui vostri sentimenti, sui vostri legami, sui vostri racconti», scrive l’Arcivescovo; «qui come amico desidero essere compagno di strada, ascoltare le vostre fatiche e aspirazioni, essere con voi nella difficoltà, nella tristezza della sconfitta e nella gioia di quelle vittorie che solo “chi si prende cura” conosce».
E prosegue: «Nel rispetto delle diversità di visioni religiose, del mondo, della vita e della spiritualità, Cristo sofferente parla in modo particolare all’uomo, non soltanto al credente. Anche la persona in ricerca può scoprire in lui l’eloquenza della solidarietà con la sorte umana, come pure l’armoniosa pienezza di una disinteressata dedizione alla causa dell’uomo, alla verità e all’amore».
«Ci si interroga dove sia Dio in questo momento?», conclude mons. Nosiglia. «Mi sento di rispondere che è in una corsia d’ospedale, in una casa per anziani, nelle comunità per tossicodipendenti e malati psichiatrici, nei centri per disabili, in un dormitorio per coloro che sono senza fissa dimora, nelle nostre case isolate e spaventate, è presente anche attraverso i nostri cappellani e assistenti spirituali che con dedizione, senza tirarsi indietro, sono vicini a voi, ai pazienti e familiari, è sia in chi soffre sia in chi cura, lotta con noi e per noi. Non ci ha abbandonati: si è ancora una volta calato misteriosamente nei nostri panni, al punto di risultare nascosto!».
Testo integrale della lettera in allegato.