Pubblichiamo di seguito e in allegato l’intervento dell’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, all’incontro online di martedì 27 aprile 202 promosso dai sindacati CGIL, CISL e UIL sull’assistenza domiciliare degli anziani.
«Sono lieto di esprimere il mio plauso all’appello che le categorie dei sindacati hanno attivato sul tema degli anziani che sono tra i soggetti più importanti della nostra società. Argomento che merita da parte delle istituzioni, delle famiglie, dell’opinione pubblica e della Chiesa una attenzione che vale la pena affrontare con impegno e perseveranza.
L’età adulta ed anziana sta diventando ormai una frontiera sempre più numerosa nella nostra società e ci si rende conto di quanto sia una risorsa decisiva per il suo presente e il futuro. È importante, infatti, che il patrimonio di cultura, di tradizione e di testimonianza sui principali valori civili e cristiani che hanno segnato la nostra storia, si mantenga vivo e sia sempre rinnovato e qualificato attraverso l’apporto di coloro che di tutto questo sono stati e restano i protagonisti.
I giovani ed i ragazzi debbono poter contare su queste persone, che diventano punto di riferimento stabile e sicuro anche per la loro crescita e dalle quali ricevono il testimone per impostare il futuro della loro vita e della società.
Gli anziani posseggono infatti una ricca esperienza perché la vita li ha resi saggi di quella sapienza che non si impara a scuola, ma dal vissuto quotidiano, che è un patrimonio di memoria e di quei valori sui quali investire anche oggi nella nostra società. Gli anziani sono esempio di costanza, coerenza e fedeltà, valori che hanno rappresentato per loro e tutt’ora rappresentano per tutti un punto di riferimento fondamentale per quanto riguarda la famiglia e le nuove generazioni.
Essi sono i custodi della tradizione e della storia della loro famiglia, gli “angeli” della loro casa, come li chiama papa Francesco. Il loro compito educativo che essi non cessa mai con l’età ma resta imperituro e fecondo anche quando sembra che la vecchiaia e la malattia impediscano loro di portarlo avanti.
La presenza nella propria casa di un anziano è sempre portatrice di speranza e di amore che sostengono il cammino a volte difficile e faticoso dei propri figli e nipoti. Ecco perché più volte ho scritto e detto che prima di decidere di portare un anziano parente in una casa di riposo o di accoglienza – peraltro indispensabile quando è necessaria una assistenza sanitaria o quando l’anziano non è più autosufficiente o ha una malattia debilitante -, bisogna fare ogni sforzo perché rimanga nella propria casa. In tal caso è ovvio che sia i figli sia i nipoti ma anche la società attivino il massimo impegno, anche finanziario, per mantenere l’anziano nel proprio ambiente familiare. Purtroppo la famiglia monoparentale di oggi stenta a attuare tale scelta e ricorre perciò, oltre che alla presenza di badanti, a strutture apposite che stanno sempre più caratterizzando la nostra società. Nello stesso tempo l’assistenza domiciliare, di cui tanto si parla e si auspica, resta un miraggio mai realizzato non solo per questioni economiche ma anche culturali e sociali.
Si osserva a volte, in modo paradossale ma vero, che una mamma o un papà o comunque due anziani genitori che hanno con grandi sacrifici educato e aiutato a crescere magari diversi figli e figlie, non possono essere aiutati in prima persona dagli stessi figli: essi, infatti, non riescono a impegnarsi a stare vicino e ad assistere o accogliere in casa propria con regolarità i loro genitori.
Le nostre comunità che seguono gli anziani nelle proprie dimore anche attraverso i ministri ausiliari della comunione non dovrebbero limitarsi a questo pure importante servizio; ma questo servizio venga esteso anche ad altri volontari che si impegnino a visitare e accompagnare tanti anziani soli e privi di sussistenza. Per questo impegno credo che sarebbe opportuno attivare in ogni parrocchia una presenza anche di giovani e dei vicini di casa, che sarebbero ben accolti. Cosa che in questo tempo di pandemia si sta avverando in modo sorprendente.
Tutto ciò ma in particolare per la assistenza domiciliare e la stessa promozione di strutture di cura e di riposo per anziani occorrono, certamente, investimenti finanziari. Tanto più adesso in questa congiuntura in cui si sono dovute affrontare situazioni spesso tragiche che hanno colpito fino alla morte tanti anziani. Mi auguro che la Regione, come ha più volte promesso, sostenga tali strutture e ogni concreto impegno che investa gli anziani anche non autosufficienti o affetti da malattie. Ugualmente chiedo che si promuova a tappeto la vaccinazione degli anziani più esposti al coronavirus, prima di ogni altra pure importante categoria di cittadini.
Sarà necessario poi dare vita a strutture nuove e moderne più umane ed efficaci rispetto a quelle odierne, con un personale sempre più qualificato e competente ma anche ricco di umanità che sappia gestire il proprio rapporto con gli anziani con pazienza e affetto. Tali strutture è necessario poi che mantengano uno stretto rapporto con le famiglie e la comunità territoriale sia civile che ecclesiale.
Mi auguro che alla scuola della pandemia, che ci ha tutti coinvolti, abbiamo imparato quanto sia importante in ogni ambito della vita sociale valorizzare la persona in quanto tale prima della sua condizione di salute o di esigenze. Ogni persona è un dono da riconoscere e valorizzare per quanto è in grado di dare e non un peso da gestire. Per cui il raccordo tra comparto sociale e sanitario è strettissimo e come tale va unificato anche sul piano finanziario investendo molto anche sulle comunità territoriali e le rispettive istituzioni.
In sintesi, prima o poi tutti diventeremo, se Dio vuole, anziani per cui quello che oggi programmiamo non è altro che un fattore che diventerà poi un investimento non solo per gli attuali anziani ma anche per ognuno di noi. Per questo mi auguro che questa iniziativa sia accolta e susciti in tutti un sussulto di coscienza collettiva per affrontare insieme questo problema come una efficace opportunità e una risorsa per l’intera società.
Mons. Cesare Nosiglia»