«Un quartiere blindato è una sconfitta per tutti.
Gli scontri, gli episodi di violenza e intolleranza che hanno reso necessario l’intervento delle forze dell’ordine nell’area dell’ex Moi sono un segnale che non può passare sotto silenzio, per la nostra città come per la Chiesa.
I problemi di convivenza e di integrazione esistono e non si possono né negare né nascondere. Ma la forza di una società consiste anche nel saperli affrontare partendo da un patrimonio di valori comuni: il rispetto reciproco di ogni persona per gli altri; il senso “civico” del vivere nel medesimo territorio, con i doveri e i diritti che ciò comporta. Il cammino dell’integrazione va portato avanti con la doverosa attenzione a tutte le persone che abitano i quartieri, nessuno escluso, promuovendo rapporti sereni di incontro e di dialogo. Allo stesso modo sono da condannare le provocazioni gratuite e violente, da qualunque “parte” provengano.
In questi anni la Chiesa torinese ha preso parte con convinzione alle iniziative per costruire un’integrazione autentica fra residenti e “nuovi arrivati” nel quartiere dell’ex Moi, collaborando con la Città di Torino e con le associazioni di promozione sociale che intendono compiere il proprio lavoro nei termini della legalità. L’impegno della diocesi non si ferma. La scorsa settimana le istituzioni, le forze sociali, il mondo del lavoro si sono riuniti al tavolo dell’Agorà del sociale per confrontare i progetti comuni di un nuovo welfare: è in questa cornice che vanno ricercate le vie più appropriate per affrontare e risolvere con l’apporto convergente di tutti, le situazioni più problematiche che assillano la nostra città.
Arcivescovo di Torino»