«Il quartiere di Pietra Alta come un villaggio. E tuttintorno la città». Limmagine è di Antonio De Serio, presidente dellAgenzia di sviluppo locale, nata nel 2007 come tavolo di confronto delle realtà del territorio (parrocchia, società sportive, associazioni), per dare continuità sociale alla riqualificazione immobiliare partita dieci anni fa: «Così si sentono, come in un ambiente familiare dice le 3.000 persone che abitano questa porzione di Torino», compresa tra la ferrovia per Milano, corso Giulio Cesare e il fiume Stura.
Storia del quartiere
Fino agli anni Cinquanta, Pietra Alta era una zona costellata da cascine e campi, fatta eccezione per la costruzione del Villaggio Snia (dallazienda chimica che lo edificò per gli operai) avvenuta negli anni Venti nellarea su cui oggi sorge il supermercato Auchan. Torino era lontana, un altro mondo. Gli anziani del quartiere lo ricordano ancora: «Quando si usciva per andare in centro si diceva: Andiamo in città». Lurbanizzazione più consistente è arrivata con la crescita economica, dalla metà del Novecento, in parallelo alla costruzione del poco distante quartiere della Falchera. La realizzazione di nuovi edifici è proseguita fino agli anni Ottanta, con le due caratteristiche «torri» della cooperativa Di Vittorio su cui capeggiava linsegna «Lavazza», e la nascita di sempre più numerose attività industriali lungo il fiume.
«Come è noto fu un periodo di grande immigrazione in città; un fenomeno che si ripete da qualche anno con larrivo di molti nuovi residenti dallestero», spiega De Serio, padre di Gianluca e Massimiliano, registi di film e cortometraggi, che hanno mosso i loro primi passi nel cinema proprio a Pietra Alta. «Pochi però ricordano aggiunge che la fine del secolo scorso fu anche un periodo di grandi spostamenti allinterno della città: a Pietra Alta si insediarono 30 anni fa i migranti veneti e toscani, circa 600 famiglie, che abitavano nelle zone degradate del centro di Torino».
La riqualificazione
A partire dal 2003, tutto il quartiere è stato riqualificato attraverso un Programma di recupero urbano finanziato con fondi europei, simile a quello realizzato dallaltra parte della città, nella zona dei caseggiati popolari di via Artom. Un intervento da quasi 40 milioni coi quali sono state realizzate la manutenzione straordinaria delle case popolari di via Ivrea, lallestimento dei locali del Centro di aggregazione culturale del quartiere di via Cavagnolo 7, il ripristino delle strade e delle aree verdi, compreso il parco sullo Stura, la realizzazione dei campi da calcio della società sportiva orgoglio del quartiere, il River Mosso.
«Lesperimento del Programma di recupero ha funzionato bene spiega Carlo Tomasello, impegnato come collaboratore nella parrocchia di San Michele Arcangelo e segretario dellAgenzia di quartiere anche perché si è trasformato in un percorso di accompagnamento sociale e volano per linsediamento di nuove attività». Su tutte, la realizzazione del complesso «Sharing» di via Ivrea 24: un ex edificio delle Poste riconvertito, con il contributo della Fondazione Crt, in residence dotato di 122 mini appartamenti per lhousing sociale temporaneo, destinato a studenti, turisti e lavoratori.
«Pochi servizi»
Il rovescio della medaglia, però, purtroppo cè. «La zona è ancora carente di servizi di prossimità indispensabili», dicono dallAgenzia. Due su tutti: un ufficio postale (i più vicini sono a Falchera o a Rebaudengo) e un ambulatorio medico che non costringa gli anziani a spostarsi, quando va bene, fino in via Montanaro. In più, proprio in questi giorni i residenti lanciano lallarme, attraverso una lettera indirizzata a Palazzo Civico, sulla delicata questione della farmacia comunale di quartiere di via Ivrea 47: «Il Comune vuole spostarla dentro il supermercato Auchan, allontanandola dal centro di Pietra Alta e rendendola meno raggiungibile dai residenti». A guidare loperazione sono motivi commerciali e di bilancio della Città: «Argomenti delicati e importanti riconoscono i residenti che però non possono venire prima del nostro diritto ad avere servizi adeguati».
Andrea CIATTAGLIA
Testo tratto da «La Voce del Popolo» del 22 settembre 2013