A San Salvario, nel centro della movida torinese, delle ore piccole, della musica a tutto volume, c’è chi vive in silenzio e umiltà, mettendosi al servizio degli altri e testimoniando l’amore di Dio per il prossimo. Presenti nel quartiere dal 1837, nella casa di via Nizza 20 donata da Carlo Alberto, le Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli sono una presenza necessaria, un vero e proprio valore aggiunto per l’Unità pastorale 4.
La loro storia ha come fil rouge la vicinanza al territorio, a quelle persone che da sempre non interessano a nessuno, a quegli uomini che passano inosservati tra i divertimenti e le lotte per tenere aperti i locali, a chi ha perso il lavoro, non ha una casa, non ha da mangiare… Sin dagli anni ’70 il gruppo delle suore delle Figlie della Carità si occupa dei migranti. Quelli che il secolo scorso erano gli italiani che dal Sud arrivavano al Nord, valigia alla mano, oggi sono i profughi africani, asiatici, mediorientali. Ogni giorno i migranti e i senza tetto vengono accolti in via Nizza 24, nella Casa di accoglienza per le persone senza fissa dimora.
«Quotidianamente assicuriamo a circa 250 persone la colazione e l’assistenza per i bisogni primari, dalla doccia al cambio di indumenti – racconta suor Cristina Conti, sorella dal ’94 – Centrale è anche il servizio d’ascolto e di aiuto per quanto riguarda le questioni più burocratiche, come i documenti, la residenza, l’apprendimento della lingua italiana. C’è una forte rete funzionale con le altre realtà del territorio che permette di ottenere ottimi risultati. Tra i poveri e i malati si trova Cristo, non dobbiamo dimenticarlo». Nella sede oggi vivono 61 suore e le più giovani si prendono cura delle più anziane e malate.
Alcune, inoltre, portano avanti attività di catechesi, animazione liturgica e ambulatorio infermieristico con le parrocchie SS. Pietro e Paolo e S. Secondo. «C’è una reciprocità tra noi e il quartiere – continua suor Conti – una reciprocità storica e arricchente ». Durante il mese di maggio l’Arcivescovo verrà in visita pastorale e celebrerà una messa. «Da questo incontro – continua suor Cristina – ci aspettiamo di sentirci parte viva e importante della comunità; per noi la presenza del monsignore è una sorta di chiamata ulteriore, ad essere non in un luogo ma dove il Signore ci vorrà».
Testo tratto da «La Voce del Popolo» del 17 maggio 2015