Pubblichiamo qui di seguito un documento approvato dal Consiglio Presbiterale diocesano del 18 settembre 2020 a proposito dell’accompagnamento e del discernimento vocazionale ad opera dei preti nella Chiesa torinese.
«Venerdì 18 settembre 2020 si è riunito il Consiglio Presbiterale. Come primo punto di dialogo, il Vescovo ha chiesto di riprendere la lettera che aveva scritto al presbiterio il 24 aprile scorso, riguardante situazioni che hanno coinvolto in particolare alcune ragazze con le loro famiglie e tre preti della nostra diocesi.
Abbiamo ascoltato il Vescovo, che ci ha informato circa i provvedimenti prudenziali approvati anche dalla Congregazione per il Clero che riguardano i predetti sacerdoti nell’esercizio del loro ministero nell’accompagnamento spirituale delle persone, e apprezziamo e sosteniamo quanto il Vescovo ha fatto in passato e oggi con le disposizioni stabilite secondo le norme del Diritto canonico. Auspicando che la giustizia sia all’altezza dell’esigenza di verità che tutti desideriamo, il dialogo tra di noi non è intervenuto su fatti specifici ma ha fatto emergere diversi punti di convergenza che vorremmo, in modo fraterno, condividere con tutta la comunità diocesana.
Pur nella diversità delle storie personali, siamo coscienti che questi fatti hanno lasciato ferite. “Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato”, leggiamo nei Salmi (Sal 34,19): Lui ci renda capaci di essere segno della sua vicinanza a tutti coloro che sono coinvolti. Sentiamo di essere anche tutti noi coinvolti, interpellati a pensare al nostro ministero, allo stile con cui incontriamo e accompagniamo le persone. Compito bellissimo e delicatissimo, che richiede di “togliersi i calzari” per entrare nello spazio dell’altro, come Dio richiede a Mosè per entrare nel suo spazio.
Siamo chiamati al rispetto della coscienza, della libertà di coscienza: è il luogo ultimo delle scelte e decisioni responsabili di ciascuno. Perciò crediamo importante rispettare i tempi del discernimento vocazionale, che sono lunghi. Crediamo necessario accettare di non essere gli unici interlocutori, particolarmente quando si tratta di verificare una possibile vocazione di speciale consacrazione. Pensiamo sia necessario sentirsi e agire, anche in questo, come parte di un unico presbiterio, anzi, di una Chiesa nella quale carismi diversi interagiscono e compiti e competenze diversificate si compenetrano. La legittima diversità e pluralità del presbiterio non deve andare a scapito dell’unità e nello stesso tempo non significa che ognuno fa quello che vuole senza nessun controllo, in modo individualista e autoreferenziale.
Siamo coscienti delle nostre tante fragilità e limiti, di cui chiediamo perdono; siamo però anche certi che la maggior parte del nostro clero sa gestire l’accompagnamento spirituale delle persone con grande rispetto, equilibrio e sapienza; per questo i sacerdoti sono stimati, cercati e ascoltati dai fedeli.
Ci interroga e ci invita, questa situazione, a ritornare a riflettere sul modello di ministero ordinato così come il Concilio Vaticano II e la riflessione del magistero e della teologia ce lo presenta, superando appunto immagini autoreferenziali, di un prete solo, “monarca assoluto”, senza legami né col Vescovo né coi confratelli. E dunque ci invita a riflettere anche sui percorsi di formazione, sull’immagine di ministero verso cui formiamo, evitando certamente di offrire percorsi privati di formazione. Ci sentiamo responsabili della proposta formativa offerta dalla nostra diocesi, e perciò ci impegniamo a non lasciare soli coloro che sono chiamati ad esserne responsabili in prima persona, ma a sentirlo sempre più come compito di tutto il presbiterio, anzi di tutta la comunità.
Già lo scorso anno il Consiglio Presbiterale ha avviato una riflessione sulla necessità di avere occasioni per crescere nella fraternità. Ci sembra che quanto riusciremo a fare in questa direzione sarà un piccolo passo; certo richiederà molto tempo, ma il dialogo sincero, l’ascolto vicendevole, ci faranno crescere anche nella capacità di correggerci fraternamente. In questione, ci sembra, non è solo l’immagine di prete ma anche l’immagine di Chiesa. Per questo abbiamo anche detto che sarebbe opportuno, d’intesa col Vescovo, dare spazio alla riflessione e al dialogo su questi aspetti coinvolgendo il Consiglio Pastorale diocesano.
Il nostro incontro di Consiglio Presbiterale è stato un momento intenso di confronto, di dialogo sincero, di fraternità, in cui anche le differenze tra noi non sono state taciute. Così crediamo debba avvenire nella Chiesa, evitando il chiacchiericcio, condannato di recente anche da papa Francesco, che non rispetta la verità e la buona fama delle persone.
il Consiglio Presbiterale diocesano».