Nella nostra esperienza di fede cristiana lAVVENTO richiama una ATTESA e un COMPIMENTO, una SPERANZA che sia realizzazione.
Questo ci dà lo sfondo in cui si pone la speranza.
Non è solo incoraggiamento ma è sapere che tutto ciò che si vive nella speranza riceve già una risposta perché ha come Interlocutore Dio, che tiene conto di ciò che noi speriamo anche se non ne vediamo il compimento.
Gesù lo manifestò ai suoi discepoli, quando disse loro che vedevano e sperimentavano ciò che altri avevano solo sperato. Li diceva beati per questo.
Lo riaffermava quando ricordava loro che essi raccoglievano ciò che non avevano seminato.
Da questo punto di vista la storia dei singoli, dei popoli, dei movimenti, delle nazioni è sempre una sinfonia incompiuta.
Anche i nostri morti sperarono ben più di quanto furono in grado di realizzare e non raccolsero tutto ciò che seminarono.
Non si tratta di un meccanismo di pura causa ed effetto. Nella prospettiva del credente il frutto si raccoglie in Dio, non solo nella storia.
Per questo Gesù si rivolse alla Samaritana proponendole la sua parola come acqua a cui attingere, quale sorgente che zampilla in vita eterna.
La esperienza cristiana esprime da sempre in forma semplice e profonda tale promessa quando educa il credente a vivere di fronte a Dio.
A tale livello si scoprono le autentiche radici cristiane, quando il cristianesimo si fa presente nella vita di ciascuno o nelle civiltà con questa prospettiva di sconfinata e nello stesso tempo fondata speranza.
Così oggi si ripropone lAvvento come attesa e speranza, nella nostra particolare condizione di crisi, in cui occorre seminare oltre ciò che riusciamo a raccogliere. Al limite, anzi, sperare anche quando parrebbe che nulla si profili da raccogliere.
La speranza a cui ci richiama lAvvento è una dimensione permanente del cristiano. Una dimensione permanente, non solo una ricorrenza ciclica.
Don Ermis Segatti
(Pastorale della cultura)