Tra un anno, nella primavera del 2016, saranno finiti (queste le previsioni dei tecnici del Comune di Torino e delle Ferrovie) i lavori alla Stazione ferroviaria di Porta Nuova che avrebbero dovuto concludersi più di sei anni fa: ristrutturazione dell’edificio, costruzione del parcheggio sotterraneo – 4 piani interrati lato via Sacchi – e riqualificazione delle aree adiacenti. Ma la trasformazione dell’area, falcidiata dai ritardi e dai fallimenti delle ditte di costruzioni, sarà tutt’altro che conclusa, perché di fatto è sempre rimasto vivo, spesso sotto traccia, il progetto di convertire la principale stazione cittadina da porta d’ingresso della città a polo commerciale e fulcro del nuovo disegno urbanistico del centro di Torino.
Il progetto ha ricevuto un’indiretta conferma con l’entrata in funzione del Passante ferroviario metropolitano ed il transito di tutte le linee (tranne, al momento, quella proveniente dalla Val di Susa) attraverso le stazioni di Porta Susa e Lingotto, tagliando fuori proprio Porta Nuova, grande esclusa dai percorsi del Servizio ferroviario locale del nodo di Torino. Da anni, la Stazione ferroviaria terminata nel 1867 a chiudere la prospettiva di via Roma è al centro di paventate operazioni di chiusura totale o di riduzione del traffico ferroviario con conseguente riconversione del sedime occupato dai binari e di proprietà delle Ferrovie in terreni edificabili, in gran parte a destinazione residenziale. Di fatto, c’è spazio per un nuovo quartiere di Torino tra San Salvario e San Secondo: da corso Someiller alla Stazione l’area ferroviaria copre una superficie di circa 140 mila mq, oltre tre volte quella di piazza Vittorio Veneto.
La prospettiva più accreditata in Comune, al momento, non è così drastica. Al progetto iniziale, che voleva Porta Nuova chiusa definitivamente al traffico ferroviario, o raggiungibile solo con binari interrati sopra i quali realizzare le nuove costruzioni (come quelli del Passante ferroviario lungo l’asse della Spina), si va sostituendo, ma i tempi dell’operazione non sono definiti, quella di un dimezzamento del numero dei binari dagli attuali venti a dieci e la costruzione di un viale urbano che separi le rotaie ancora in attività (quelle lato via Sacchi) dallo spazio non più ferroviario (lato via Nizza) pronto per ospitare nuovi edifici. A confermare la soluzione è la direttrice della Divisione Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Torino, Paola Virano, che individua anche il luogo iniziale dell’operazione «nell’isolato tra la ferrovia, corso Sommeiller, piazza Nizza e via Argentero (area ex scalo Vallino, 31 mila metri quadrati di superficie) nella quale oltre all’ampliamento del nascente Centro di biotecnologie dell’Università di Torino, sorgeranno edifici residenziali, una piazza e un tratto del nuovo viale urbano».
Nel nuovo quadro, per Porta Nuova si prospetta la definitiva trasformazione in centro commerciale nel cuore di Torino, destinazione d’uso che nel piano di Comune e Ferrovie prenderà il sopravvento su quella trasportistica, anche se gran parte degli attuali 15 mila metri quadrati di aree commerciali sono inutilizzate e rappresentano un punto interrogativo non da poco sulla validità della scelta. Dubbio che rimane agli osservatori più critici anche sulla gigantesca operazione immobiliare di riconversione dei binari: a Torino, il cui numero di abitanti è sostanzialmente stabile negli ultimi anni (ma è di 50 mila unità in meno rispetto all’inizio degli anni ’90) servono nuove case?
Testo tratto da «La Voce del Popolo» del 17 maggio 2015