Nei nostri paesi, ancora oggi, ogni individuo porta con sé, nella figura e sulle spalle, la memoria passata e presente di tutta la sua famiglia e dei suoi avi. Certi cognomi, certi soprannomi derivano da vicende accadute secoli prima ma che rimangono vive proprio perché sono entrate nella memoria collettiva di quel territorio. Per questo è difficile immaginare che i due ciechi guariti da Gesù possano tener nascosta a lungo la loro guarigione, in un villaggio dove tutti si conoscono da generazioni.
Forse il Signore chiede un’altra cosa, più complessa: che la guarigione del corpo sia davvero collegata a quella fede che l’ha provocata. E che quella fede porti alla «conversione», a vedere con gli occhi autentici la novità del Regno di Dio che Gesù è venuto a portare. Gesù il Messia: non un guaritore, non un illusionista; e neppure un profeta.
Marco Bonatti
Per approfondire: commento di G. Pollano “In Gesù Cristo salvati dal finito”.